Skip to content

Come deraglia il governo su Tav e Venezuela

I graffi di Damato

Mentre a Roma Giuseppe Conte e Luigi Di Maio presentavano festosamente il primo esemplare della carta di credito stampata dalle Poste per il cosiddetto e imminente reddito di cittadinanza, e Matteo Salvini annunciava con giubilo la presentazione delle prime ventimila domande all’Inps per l’accesso anticipato alla pensione da parte di chi ha maturato 62 anni di età e 38 di contributi, dall’Europa sono piovute altre tegole sull’Italia.

L’ANNUNCIO UE SU TAV

La lite farcita di parolacce fra grillini e leghisti sulla realizzazione della “supercazzola”, come la chiama Di Maio, della linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino per il trasporto delle merci, la famosa Tav sostenuta e appena visitata in cantiere da Salvini con casco e tuta d’ordinanza, è stata bruscamente interrotta dall’annuncio della Commissione di Bruxelles che rinunce e ritardi potrebbero costare a breve al governo italiano la restituzione di un miliardo e duecento milioni di euro di contributi dell’Unione Europea, da noi già incassati. Emilio Giannelli ha giustamente immaginato e rappresentato sul Corriere della Sera la turbo-fuga del ministro pentastellato delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Che sta giocando ormai da troppo tempo con i numeri segreti del rapporto fra costi e benefici dell’opera, a sollecitare la quale si è liquidati come “rompicoglioni” dall’ineffabile Alessandro Di Battista. Che dalla panchina di ex deputato partecipa a suo modo alla partita della squadra grillina di governo senza che nessuno, ma proprio nessuno, dall’arbitro ai giocatori in campo con la maglia delle cinque stelle, si senta a disagio e tanto meno protesti.

E POI SUL VENEZUELA

Sempre dall’Europa è venuta all’Italia, sul fronte questa volta della politica estera, che pure è uno degli anelli deboli dell’Unione, dove di solito si è più solisti che coro, una cocente lezione di realismo e anche di dignità di fronte al caos crescente in Venezuela. Dove peraltro risiedono non 130 mila, come si è spesso scritto in questi giorni, ma forse più di 150 mila italiani, al netto di quelli che sono già scappati per la miseria e la violenza garantite dal dittatore Nicola Maduro: l’erede di Chavez di cui Alessandro Di Battista, sempre lui, è riuscito ad imporre la venerazione nel suo movimento. Ben 19 Paesi dell’Unione Europea hanno definitivamente scaricato Maduro e riconosciuto il presidente ad interim del Venezuela Juan Gaidò, che alla scadenza del mandato del rivale, confermato l’anno scorso con elezioni dalla irregolarità persino sfacciata, si è proposto di restituire la parola ai cittadini. Che invece Maduro vorrebbe rimandare alle urne, con i suoi metodi, per eleggere un nuovo Parlamento, visto che quello in carica è presieduto proprio da Gaidò, legittimato dalla Costituzione venezuelana a prendere provvisoriamente il posto del presidente scaduto della Repubblica.

I GRILLINI FILO-MADURO?

La posizione apparentemente agnostica ma sostanzialmente filo-Maduro imposta all’Italia dai grillini, fra le proteste anche degli alleati di governo, è diventata ormai talmente insostenibile che ha dovuto intervenire il capo dello Stato per invitare il governo a scegliere finalmente “fra democrazia e violenza”.

Si spera a questo punto che non rimedi pure Sergio Mattarella il “rompicoglioni” già riservato da Di Battista a Salvini per la Tav. Ormai il repertorio dei grillini è o è tornato ad essere questo, se è mai davvero cambiato da quando sono passati dall’opposizione al governo.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Torna su