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Come e perché Confindustria ‘sposa’ il nucleare

Costi dell’energia troppo elevati, da Confindustria via libera a mini centrali sul nucleare in fabbrica. Tempi e prospettive

«Il nucleare rappresenta una grande opportunità anche di avanzamento tecnologico. Investimenti complessivi per 30 miliardi nell’orizzonte del 2025 sono un’opportunità che dobbiamo attrezzarci a raccogliere. Non partiamo da zero visto che una cinquantina di aziende già partecipa ai cantieri all’estero, ma dobbiamo muoverci adesso o si rischia di non essere pronti al momento opportuno». Era il gennaio del 2010. A proferire queste parole l’allora presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Lo sguardo era rivolto al presente, ma anche al futuro, allo sviluppo, al 2025. In discussione in Parlamento c’era il decreto legislativo di avvio del nucleare.

CONFINDUSTRIA: “MINI CENTRALI NUCLEARI NELLE AZIENDE”

Oggi cambiano i protagonisti, ma la sostanza sembra cambiare poco. E nel frattempo sono trascorsi altri 15 anni, E’ delle ultime ore la conferma da parte di Confindustria del sostegno all’energia nucleare, ma in una forma inedita. Il presidente Emanuele Orsini, durante un convegno di Forza Italia a Milano, ha espresso la disponibilità delle imprese a installare mini centrali nucleari direttamente nei propri stabilimenti per ridurre i costi energetici.

IL DDL PICHETTO SUL NUCLEARE

Il governo Meloni, attraverso il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, punta sui piccoli reattori modulari (Small Modular Reactors, SMR), un’alternativa alle grandi centrali tradizionali. Questi impianti, simili a motori di sommergibili racchiusi in tubi metallici, sono considerati meno costosi e più rapidi da installare, con un orizzonte operativo previsto per l’inizio del prossimo decennio. Pichetto ha annunciato che il disegno di legge delega sul nucleare arriverà presto in Consiglio dei Ministri. L’obiettivo: dotare l’Italia di una normativa aggiornata sull’atomo, che includa autorizzazioni, sicurezza e smaltimento delle scorie.

PERCHE’ LE IMPRESE VOGLIONO IL NUCLEARE

Il costo elevato dell’energia in Italia è uno dei principali ostacoli per la competitività delle imprese. Il 24 gennaio, ad esempio, l’elettricità costava 147 euro al megawattora in Italia, contro i 115 euro in Germania, i 91 euro in Spagna e i 67 euro in Francia. Confindustria vede nei mini reattori una soluzione per ridurre la dipendenza energetica e migliorare la capacità competitiva. “L’energia è fondamentale per tenere in piedi le aziende”, ha sottolineato Orsini, suggerendo che le imprese potrebbero superare anche le resistenze locali (le proteste “nimby”) creando comunità energetiche autonome.

I TEMPI E LE SFIDE DEL RITORNO AL NUCLEARE

Nonostante l’entusiasmo di Confindustria e di alcune forze politiche, il ritorno al nucleare in Italia non sarà rapido. Gli SMR sono ancora in fase sperimentale e il governo prevede che la prima centrale funzionante possa essere operativa solo nella metà degli anni Trenta. Inoltre, il disegno di legge delega richiederà tempi lunghi: una volta approvato, il governo avrà due anni per emanare i decreti attuativi, probabilmente entro il 2027.

LA POLITICA DIVISA

La politica italiana è spaccata sul tema del nucleare. Forza Italia e Lega appoggiano apertamente il progetto, mentre all’interno di Fratelli d’Italia persistono resistenze. All’opposizione, Pd, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra sono contrari, mentre Azione e Italia Viva si dichiarano favorevoli. Le principali obiezioni riguardano i costi elevati, i tempi lunghi di realizzazione e i rischi legati alla radioattività.

Il governo punta a creare un campione italiano del nucleare, una nuova società che coinvolga Enel, Ansaldo e Leonardo per sviluppare gli SMR. Paolo Scaroni, presidente di Enel, ha definito il nucleare “l’unica alternativa” sostenibile per il futuro. Il percorso rimane lungo e complesso.

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