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Come il Pd discute del premierato

Pd Schlein

C’è un altro ostaggio da liberare: il Pd dalla segretaria Elly Schlein. I Graffi di Damato

Senza voler togliere nulla alla liberazione in corso degli ostaggi di Hamas all’ombra della tregua a Gaza strappata al governo israeliano nella guerra provocata dal podrom del terrorismo palestinese del 7 ottobre, credo valga la pena segnalare il tentativo di Dario Franceschini – anticipato oggi dal Corriere della Sera, pur con altro linguaggio- di liberare il Partito Democratico. Che è finito praticamente ostaggio di Elly Schlein, peraltro aiutata da lui nei mesi scorsi a scalare e conquistare la segreteria.

Pur invecchiato ormai, anche oltre i suoi 65 anni anagrafici, a vedere naufragare tra prima e seconda Repubblica tentativi di incisive riforme costituzionali, l’ex ministro Franceschini ha maturato l’opinione che potrà andare in porto quello appena avviato dal governo di Giorgia Meloni per l’elezione diretta del presidente del Consiglio. La premier ha i numeri in Parlamento per approvare da sola il suo progetto e anche la possibilità di strappare poi la ratifica referendaria con la formula semplice che ha già scelto per chiedere agli elettori se vogliono prendersi il diritto di scegliere il capo del governo o lasciarlo ai partiti.

Anche se gli piace poco o per niente, Franceschini ritiene che la riforma del premierato possa essere migliorata nel non breve, anzi doppio percorso parlamentare, sapendo che è anche interesse della Meloni intestarsela comunque in uno scenario nel quale non ha grandi spazi di manovra sul terreno economico e finanziario. Ha pertanto sbagliato la Schlein ad arroccarsi in una posizione di contrasto assoluto legando mani e piedi al Pd come ad un ostaggio, appunto. E ciò nella condivisione o indifferenza di altri big -aggiungerei- come il rientrato ex segretario Pier Luigi Bersani. Che ha cominciato a distrarsi facendo l’attore, facilitato dalla sua bonomia emiliana e dal battutismo che non gli è mai mancato anche in politica. Come quando, avvertendo la crescita della destra secondo lui assecondata dall’allora segretario del Pd Matteo Renzi, parlava in televisione e nelle piazze della “mucca” che vagava fra le stanze del Nazareno, lasciando presumibilmente i suoi voluminosi escrementi, senza che nessuno se ne accorgesse e provvedesse almeno alle pulizie. Fu anche per questo che egli se ne andò con altri dal Pd per rientrarvi nell’era Schlein.

Vedremo se, come e quando si svilupperà la tentazione, quanto meno, di Franceschini di rompere il nuovo incantesimo da lui stesso creato e di liberare il partito da quelle che si stanno rivelando le catene della nuova segreteria, a rischio anche di lasciare in prospettiva alla coppia Landini-Conte la guida di una lunga opposizione al governo Meloni ben difficilmente trasformabile in vera alternativa. Certo è che l’ex ministro della Cultura ha alle sue spalle un’esperienza consolidata di montare, smontare e rimontare equilibri nel partito di turno, pensando magari di imitare Aldo Moro che nella Dc sapeva “scomporre per ricomporre”, come si compiaceva di dire e raccomandare.

 

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