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Come M5S si divide

5 Stelle

La Via Crucis, e forse persino giudiziaria, del MoVimento 5 Stelle

Non è per tigna, come dicono a Roma, ma è solo per l’attenzione dovuta a quella che gli elettori due anni e mezzo fa hanno voluto far diventare la principale forza politica del Paese, attorno alla quale ruotano gli equilibri, o squilibri, di questa assai curiosa legislatura, che si è costretti a parlare e a scrivere ogni giorno dei grillini. E di quella che è ormai diventata la loro Via Crucis, decisamente fuori stagione liturgica, verso una meta ancora indefinita. Che non vorrei diventasse, come d’altronde è d’uso in Italia da qualche tempo a questa parte, una meta giudiziaria: fra carte bollate, denunce, diffide, cause e via litigando.

L’ultima notizia sotto le 5 Stelle, con le maiuscole dovute all’anagrafe politica, è quella della diffida a Davide Casaleggio, per ora solo mediatica, da parte dei “vertici” del MoVimento, come Il Fatto Quotidiano chiama i garanti, a  cominciare naturalmente dall’”Elevato” Beppe Grillo,  a usare più il blog ufficiale pentastellato per sortite “personali” e “arbitrarie” come quella ancora visibile agli internauti. E’ la protesta del figlio del mitico cofondatore del MoVimento Gianroberto Casaleggio, proprietario e gestore della “piattaforma Rousseau” che ne è un po’ il sistema venoso, contro il tentativo che si starebbe compiendo di trasformare quella creatura magica, quasi cosmica, voluta dal padre in un banale, anzi banalissimo partito. Che è stato a lungo sinonimo per Grillo, amici e seguaci di poltronificio immondo, costruito sul trasformismo. E’ una prospettiva che fa inorridire Davide Casaleggio, tanto poco interessato alle poltrone – ha rivelato nella sua sortita sul blog – da avere rifiutato un posto di ministro offertogli dal MoVimento, sempre con le dovute maiuscole anagrafiche, quando gli è capitato, forse per disgrazia, visto come stanno andando le cose, di arrivare al potere.

La protesta di Davide Casaleggio è forte, diciamo pure fortissima, anche se francamente un po’ contraddittoria perché al partito si arriverebbe ancora più dritti e velocemente se prevalesse la causa per la quale egli si sta spendendo in questi giorni. Che è la corsa di Alessandro Di Battista alla  guida del MoVimento, in alternativa alla gestione o direzione collegiale, inevitabilmente  movimentista appunto e confusa, preferita dai “vertici” indicati dal giornale di Marco Travaglio. Che naturalmente è contro la coppia Casaleggio-Di Battista, accusata di volere “fuggire col pallone”, facendo una scissione, perché contraria alla stabilizzazione, chiamiamola così, dei rapporti di collaborazione e alleanza col Pd, “la morte nera” dei grillini secondo le previsioni, le paure, le convinzioni e quant’altro di “Dibba”: il cosiddetto Che Guevara non dei popolari Noantri – i romani di Trastevere – ma della borghesissima e benestante Vigna Clara.

In questo bailamme grillino, e conseguente scontro tra i sostenitori “puri” del limite dei due mandati consentiti  e quelli “impuri” del terzo mandato e anche più, si perde per aria come coriandoli tutto il resto della  politica: persino l’allarme istituzionale appena lanciato dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati sulle colonne del Corriere della Sera contro la paralisi della politica, appunto, lo svilimento delle Camere, la mancanza di un Progetto, con la maiuscola, per l’Italia, lo stato di incertezza generale nella perdurante pandemia virale e l’incapacità, se non peggio, del governo di avere in circostanze così gravi un rapporto doveroso e degno di questo nome con le opposizioni.

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