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Come si agita Di Maio nel governo

Conte Di Maio

I Graffi di Damato sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio che scarica sul premier Conte le tensioni fra i grillini

Nella sua veste di capo del movimento delle cinque stelle, e della relativa “delegazione” al governo, come anche  i grillini hanno accettato di chiamarla accettando una volta tanto il linguaggio e le formule in uso nella tanto odiata prima Repubblica, Luigi Di Maio ha bruscamente interrotto le emozioni itineranti, diciamo così, del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che, compiaciuto di frequentare “per la prima volta” tante feste o raduni di partito e di sindacato, si è visto e sentito invitare per via elettronica, attraverso un messaggio su Facebook, a smetterla di parlare di nuove tasse o balzelli. Così aveva fatto il presidente del Consiglio, per esempio, in una delle sue sortite di fine settimana aprendo alla proposta del ministro grillino della Pubblica Istruzione e dell’Università, Lorenzo Fioramonti, di finanziare interventi sulla scuola con tasse su merendine, bevande gassate e viaggi aerei.

LE PRECISAZIONE DI LUIGI DI MAIO

Anche allo scopo spiazzare il suo compagno di partito, evidentemente non del suo giro stretto, com’è appunto il ministro dell’Istruzione, e scaricando  così su Conte le tensioni fra i grillini che spiegano la sconfessione di Fioramonti, il “capo” Di Maio ha letteralmente avvertito: “Fermi tutti. Noi abbiamo come obiettivo quello di abbassare le tasse, non di aumentarle. È totalmente sbagliato scatenare un dibattito ogni giorno per parlare di nuovi balzelli”. E, immaginando già gli effetti della sua  uscita, perché ormai una certa esperienza politica se l’è fatta, ha aggiunto: “Qualcuno dice che stiamo dando un ultimatum al governo. Ma io non sono stato eletto per passare le mie giornate a dire che non è così”, fuori e dentro il suo stesso partito.

PORTAVOCE DEL M5S

Di Maio vuole solo ricordare che “se questo governo esiste, è solo perché il movimento delle 5 stelle lo sostiene”. E per il suo movimento parla e conta evidentemente soltanto lui, per quanto crescano fra i parlamentari grillini le richieste di una gestione o conduzione meno solitaria o più “collegiale” dopo i rovesci elettorali subiti,  soprattutto quello del 26 maggio scorso per il rinnovo del Parlamento europeo, per quanto al riparo di una legislatura nazionale sopravvissuta alla crisi d’agosto e alle richieste di ricorso anticipato alle urne avanzate dalla Lega. Che ingenuamente aveva  puntato su un’analoga posizione assunta dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, prima di un improvviso cedimento alla linea opposta di Dario Franceschini e infine di Matteo Renzi.

SEMPRE SUA LA PATERNITÀ DEL CANDIDATO CIVICO IN UMBRIA

Messe al riparo con la sua uscita anche le merendine e le bevande gassate, per non parlare dei biglietti d’aereo, e ristabiliti i suoi gradi a chi li avesse dimenticati o sottovalutati nel suo movimento, Di Maio si è affrettato anche ad attribuirsi il merito, se non la paternità politica, del candidato “civico” che la maggioranza giallorossa sosterrà il 27 ottobre nelle elezioni regionali in Umbria. È il presidente della federazione locale degli albergatori Vincenzo Bianconi. “È una candidatura  bella e forte”, ha commentato il segretario del Pd  Nicola Zingaretti. “Vincenzo è supercompetente”, ha garantito Di Maio chiamando significativamente  per nome l’amico. Che, dal canto suo, ha assicurato di “amare” la sua terra, come Silvio Berlusconi disse dell’Italia candidandosi nel 1994 alla guida del governo. E non è forse casuale che Bianconi nelle già citate elezioni di maggio avesse sostenuto una candidata berlusconiana al Parlamento europeo.

Quella della candidatura di Bianconi è stata una svolta anche di genere, seguita alla rinuncia della sindaca di Assisi, Stefania Proietti, e di Francesca Di Maiolo, presidente dell’Istituto Serafico, sempre  di Assisi. Donna era anche la presidente piddina uscente della regione, travolta dalle indagini giudiziarie sulla sanità. Donna infine è la candidata del centrodestra Donatella Tesei, sponsorizzata in modo particolare da Matteo Salvini, che ostenta ottimismo di fronte ai problemi incontrati dai suoi avversari sulla strada dell’intesa, cambiando — secondo lui — troppi candidati e “prendendo in giro” gli elettori con la “maschera” di una soluzione “civica”, dietro la quale nascondere i partiti rimasti ugualmente protagonisti.

 

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