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Come si agita il Pd

Pd

Dopo gli artigli del capogruppo Pd al Senato Marcucci, le unghie di Zingaretti sul presidente del Consiglio. I Graffi di Damato

Preceduto sul Corriere della Sera dal capogruppo al Senato Andrea Marcucci, con gli artigli di buon toscano, è giunto sulla scena anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti, ma con le unghie appena sistemategli dalla manicure. Nella sua relazione alla direzione nazionale, letta nelle modalità imposte da questi t empi di coronavirus, ho trovato sì riferimenti polemici al presidente del Consiglio e al governo — per esempio sulla necessità di una “svolta”, o di Consigli Generali del’Economia che non siano una inutile a affrettata passerella, o sul rifiuto della solita “Italietta”, o contro le perduranti resistenze “ideologiche” dei grillini ai finanziamenti europei per il potenziamento del sistema sanitario dopo le prove dell’impatto con l’epidemia virale — ma tutto paludato nella fiducia confermata a Conte. E nel riconoscimento della insostituibilità di un governo, di cui pure lo stesso Zingaretti aveva chiesto già alla sua formazione elementi di “discontinuità”, a partire da chi lo guidava.

COSA CI VUOLE PER “SMUOVERE” CONTE

Più sentivo il fratello del popolarissimo “commissario” Montalbano e più mi ricordavo di una intervista di Carlo Rossella appena letta sulla Verità di Maurizio Belpietro, nello  stesso numero in cui si dava  al segretario del Pd del “coniglio”. Per smuovere Conte — aveva detto Rossella, ancora orgoglioso del suo passato comunista bagnato nelle acque addirittura  dell’amico Silvio Berlusconi — occorrerebbero uomini duri come Massimo D’Alema. Che, in effetti, fra il 1996 e il 1998, aveva dato dei “flaccidi imbroglioni” a Romano Prodi e al vice Walter Veltroni, spostandoli infine da Palazzo Chigi, rispettivamente, alla presidenza della Commissione Europea, a Bruxelles, e alla segreteria del proprio partito. Eppure — ha appena avvertito il vice segretario del Pd Andrea Orlando al Foglio — Conte non è Prodi e non lo sarà”. E Giuliano Ferrara, dal canto suo suo, sempre sul Foglio, dopo  averlo difeso a suo modo il giorno prima dal “cazzeggio” di avversari e critici, ha invitato il presidente del Consiglio ad abbassare le proprie “ambizioni”.

IL PIANO COLAO

Tutto sommato, non meno ingeneroso con Conte è stato a sorpresa Il Fatto Quotidiano avvertendo e denunciando “troppo lobbisno” nel cosiddetto “piano Colao” che il presidente del Consiglio si è appena fatto mandare a Palazzo Chigi per impostarvi gli Stati Generali dell’Economia, finalizzati alla ripresa, modernizzazione e quant’altro dell’Italia piegata in questi mesi dal coronavirus, e per darsi compiti ben oltre questa estate e il prossimo autunno. Che sarà peraltro infarcito anche di scadenze elettorali amministrative e del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Si sono fatti prudenti con Conte anche al manifesto. Dove hanno ospitato recentemente appelli di intellettuali di sinistra per il presidente del Consiglio, a sostegno quindi insolito di un governo in carica per quel tipo  di giornale, ma ora hanno registrato con una certa ansia nel titolo stesso di un editoriale l’arrivo della “prova delle verità” per l’avvocato del popolo ospite da due anni di Palazzo Chigi.

 

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