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Come si muove Conte su Germania e Francia

5 Stelle

I graffi di Damato sulle gesta europee di Conte

Peccato che banali errori di stampa debbano rubare spazio e attenzione a una mossa una volta tanto indovinata del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il quale, anziché inseguire i suoi due vice sulla strada di una polemica insensata contro la Francia, distinguendone il popolo dal governo, come si fa di solito con i regimi dittatoriali, cioè scambiando il pur antipatico -per carità- Emmanuel Macron per lo Stalin o l’Hitler di turno, ha pizzicato il presidente francese su un tema serio, reale, emblematico della crisi europea quasi come quello dell’immigrazione e del modo in cui fronteggiarla. E’ il tema insieme della sua identità e della sua rappresentanza nel Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Dove la Francia, che già siede permanentemente per rappresentare se stessa, anziché impegnarsi a mettersi da parte per garantire un seggio all’Unione Europea, si è messa, anzi rimessa a disposizione della Germania, in un patto appena solennemente sottoscritto ad Aquisgrana con la cancelliera in carica, per garantirle un seggio col quale rappresentare anch’essa se stessa.

PER UN SEGGIO AL CS ONU

Peggio ancora sarebbe, naturalmente, se Francia e Germania mirassero, con una presenza congiunta nel massimo organo delle Nazioni Unite, a rappresentare insieme tutta l’Unione Europea, alzandosi così di un’altra spanna su tutti gli altri paesi associati del vecchio continente: un’ambizione che segnerebbe da sola la fine dell’Unione, senza bisogno che a sfasciarla provvedano i cosiddetti sovranisti nel caso di un loro successo nelle elezioni di maggio, o solo di un aumento del loro peso.

EPPURE SI PARLA ANCORA E SOLO DI TRIV E TAV

Proprio perché più o meno dichiaratamente sovranista, populista e altro ancora il presidente del Consiglio italiano si è assunto il merito di mettere a nudo le responsabilità della Francia e della Germania per reclamare un seggio per l’Unione Europea sul terreno istituzionale, diciamo così, del palazzo di vetro a New York, dove essa più rischia di perdere la partita e di rimanere incompiuta. Ma in Italia il dibattito politico è rivolto ad altro: alle trivelle che minacciano anch’esse la maggioranza di governo, più ancora della Tav, ai reconditi e forse ricattatori motivi dei ritardi voluti dai grillini per le nuove norme di marca leghista sulla legittima difesa, ai ritardi del decretone pur approvato dal Consiglio dei Ministri su reddito di cittadinanza e accesso anticipato alla pensione e persino -udite, udite- alle ritorsioni di cassa minacciate dal sottosegretario grillino all’editoria Vito Crimi contro il giornale Libero. Che prendendosi molto sul serio ha ceduto ancora una volta alla tentazione della libertà, appunto, di un titolo stravagante, provocatorio o come altro preferite chiamarlo come quello sulla poca o per niente “allegria” dell’aumento dei gay mentre calano fatturato e pil. E ancor più ha ceduto alla tentazione della libertà di ribadire le proprie ragioni e il suo presunto buon gusto di fronte alle critiche piovutegli addosso, nonostante i gay siano stati chiamati così delicatamente e non froci, come più popolarmente preferiscono dire i meno acculturati.

SULLA STAMPA ITALIANA

Di recente Libero si era presa anche la libertà di registrare, diciamo così, l’aumento dei “terroni”, cioè dei meridionali, al potere. E di reagire alle polemiche scoppiate come un fuoco nel pagliaio l’accortezza, la furbizia e quant’altro dimostrata nell’affidare l’articolo ad una bella giornalista anagraficamente del sud: parola del regista del giornale, Vittorio Feltri. Una trovata a dir poco geniale.

Un altro giornale che prende molto sul serio il nome della propria testata è La Verità. Che, volendo difendere il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini dalle molte, e non del tutto immotivate, proteste contro lo sgombero del troppo affollato centro di raccolta degli immigrati a Castelnuovo di Porto, vicino Roma, ha valorizzato nel suo titolo di prima pagina i “pullman di lusso”, marcati Mercedes, messi a disposizione degli interessati dal Viminale per il trasferimento, con tanto di riscaldamento in queste giornate di freddo torrido. Altro che la solita ruspa salviniana immaginata e sparata perfidamente in prima pagina dal manifesto con la vignetta di Mauro Biani.

 

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