L’inverno demografico è una realtà in Italia. Le rilevazioni della ricerca “Per una Primavera demografica” della Fondazione Magna Carta
Preoccupazioni economiche, ricadute sulla carriera, procrastinazione e poca fiducia nel futuro. Sarebbero queste le principali ragioni per cui in nostro Paese sta vivendo un inverno demografico. I dati arrivano dalla ricerca “Per una Primavera demografica” realizzata dalla Fondazione Magna Carta con l’obiettivo di indagare le cause della denatalità e provare ad avanzare alcune proposte per invertire la rotta. La ricerca ha visto il coinvolgimento di 1072 intervistati, un campione diviso tra giovani (tra i 17 e i 28 anni) e adulti over 29. Inoltre, sono stati ascoltati 400 insegnanti, 60 operatori sanitari e 70 psicologi.
L’INVERNO DEMOGRAFICO ITALIANO NEI NUMERI DELL’ISTAT
Il report dell’Istat Natalità e fecondità della popolazione residente ha evidenziato che nel 2022 si è osservato un nuovo superamento al ribasso del record di denatalità. “Le nascite tra la popolazione residente sono 393.333 nel 2022, 6.916 in meno rispetto al 2021 (-1,7%) – scrive l’Istat -. Dal 2008, anno in cui il numero dei nati vivi ha registrato il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, i nati residenti in Italia sono sistematicamente diminuiti. In termini assoluti, la riduzione medio-annua ammonta a circa 13mila unità, quella relativa al 2,7%. Rispetto al 2008 oggi si rilevano oltre 183mila nascite in meno (-31,8%)”.
Il calo delle nascite, secondo l’Istat, è in parte dovuto ai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda: nella fascia15 e 49 anni le donne le donne sono meno numerose di un tempo. Le donne che oggi sono in età feconda si confrontano con il “cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di continua riduzione della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995”.
PERCHÉ IN ITALIA GLI UNDER 30 NON FANNO FIGLI
Il rapporto dell’Istat ha evidenziato anche che “l’età media al parto rimane stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni, più alta per le italiane (32,9) rispetto alle straniere (29,6), ma rispetto al 1995 la crescita è di oltre due anni”. Inoltre, è cresciuta anche l’età media alla nascita del primo figlio “che oggi si attesta a 31,6 anni, oltre tre anni in più rispetto al 1995”. Quindi gli under 30 non fanno figli. Tra le ragioni, evidenziate dalla ricerca della Fondazione Magna Carta, c’è una logica di procrastinazione che porta le coppie a rinviare il momento della genitorialità. Le preoccupazioni economiche rappresentano un altro significativo fattore per cui non si fanno figli, con gli adulti che danno una valutazione più alta (9 su 10) a questa motivazione rispetto ai giovani (6 su 10): non si mettono al mondo figli perché “costano”.
LE PREOCCUPAZIONI PER LA CARRIERA E I CONVINCIMENTI PERSONALI
Un’altra motivazione, riscontrata dai ricercatori della Fondazione, riguarda i timori circa limitazioni legate alla carriera e al tempo personale determinate dalla nascita di un figlio. Tale preoccupazione è rappresentata sia nel gruppo dei più giovani che in quello dei più adulti. In particolare, all’interno del campione, le donne adulte valutano in misura maggiore rispetto ai giovani la paura della gravidanza, che ottiene una valutazione di 7,5 su 10, e gli eventuali problemi di salute ad essa correlati.
Infine, tra i motivi per cui si sceglie di non diventare genitori, una valutazione piuttosto alta, pari a 8 su 10 per entrambe le fasce d’età, riguarda il fattore legato ai “convincimenti personali”, un dato significativo che evidenzia come l’attitudine verso la genitorialità sia cambiata in una parte della popolazione giovanile. Ciò che un tempo veniva letto attraverso le lenti della speranza e dell’ottimismo verso il futuro (la decisione di diventare genitori), oggi viene subordinato all’interrogativo sul “cosa viene dopo” avere un figlio.
IL SOSTEGNO ALLA NATALITÀ: LE PROPOSTE DI POLICY
Diverse le proposte di policy avanzate per superare questa lunga fase di stagnazione demografica. Architrave sono le politiche di conciliazione tra vita privata e lavoro, tra queste rientrano le diverse forme di lavoro ibrido, la possibilità di ricorrere allo smart working insieme alla flessibilità in entrata e in uscita e ai congedi parentali (per le madri e i padri) sono misure di grande utilità soprattutto per i genitori con figli piccoli. A queste si aggiungono le piattaforme di welfare aziendale, i servizi e iniziative in favore della genitorialità, gli incentivi economici alla riduzione gender pay gap, gli asili nido diffusi” o “di prossimità”, i “voucher baby-sitter” e il rafforzamento delle iniziative pubblico/private per abbattere parzialmente o totalmente il costo dei centri estivi (fino a 90 giorni).
“Per rispondere a questa sfida, si vuole offrire un nuovo modello di partenariato tra pubblico e privato in cui le istituzioni possano supportare le aziende impegnate in percorsi utili a favorire la natalità e la genitorialità – ha detto Gaetano Quagliariello, Presidente Fondazione Magna Carta -. In virtù di ciò, la Fondazione ha elaborato una serie di proposte ispirate alle buone pratiche aziendali individuate nella ricerca – dagli asili nido diffusi al voucher baby-sitter, dai meccanismi di decontribuzione al credito d’imposta per le aziende che programmano investimenti nella conciliazione – già sottoposte all’attenzione del decisore politico. Ora guardiamo avanti: quest’anno Magna Carta ha deciso di istituire un Osservatorio sulla crisi demografica per continuare a indagarne le cause, valutare politiche pubbliche favorevoli alle imprese e sostenere giovani e famiglie”.