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Come e perché Conte “cambia” il reddito di cittadinanza

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Dopo quota 100, Conte apre ad una modifica del reddito di cittadinanza. In particolare, il premier lamenta il mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro

Dopo aver detto che il rinnovo di quota 100 “non è all’ordine del giorno”, il primo ministro Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di rivedere il reddito di cittadinanza, il sussidio di disoccupazione sostenuto in particolare dal Movimento 5 Stelle ed entrato in vigore nell’aprile 2019.

COSA HA DETTO CONTE

Nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento, Conte aveva detto che “il progetto di inserimento nel mondo del lavoro collegato al reddito di cittadinanza ci vede ancora indietro. Ho già avuto due incontri con i ministri competenti: dobbiamo completare quest’altro polo e dobbiamo riorganizzare anche una sorta di network per offrire un processo di formazione e riqualificazione ai lavoratori”.

Il “network” di cui parla Conte è un sistema informatico in grado di mettere in collegamento la domanda di lavoro all’offerta di lavoro. Come scrive Il Sole 24 ORE, il “punto critico” del reddito di cittadinanza è sempre stato proprio “il legame (mai decollato) con il mercato del lavoro”.

Conte, insomma, punta ad una nuova riforma del lavoro. Negli ultimi giorni il premier ha avuto tre riunioni riservate con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, con la ministra dell’Innovazione Paola Pisano e con il presidente dell’Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro) Domenico Parisi. Al termine delle quali avrebbe dichiarato così: “Voglio che una soluzione sia operativa entro sei mesi: il reddito di cittadinanza, in questo modo, rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità”.

I NUMERI DEL REDDITO DI CITTADINANZA

Secondo il Movimento 5 Stelle, il principale promotore e sostenitore della misura, il reddito di cittadinanza avrebbe permesso sia di ridurre la povertà in Italia, sia di favorire l’inserimento (o il re-inserimento) dei disoccupati nel mondo del lavoro.

I dati dell’Inps dicono che nel 2020, fino all’inizio di settembre, oltre 3 milioni di persone hanno ricevuto almeno una mensilità del reddito di cittadinanza – circa 1,3 milioni di nuclei familiari -, per una quota mensile media di 520 euro.

Dallo scorso gennaio c’è stato un aumento del 25% del numero dei beneficiari del reddito. Soltanto nel mese di agosto il governo ha stanziato oltre 650 milioni di euro per i sussidi.

I PROBLEMI

Il problema principale del reddito di cittadinanza è legato al cosiddetto “patto per il lavoro”, cioè all’inserimento lavorativo. A fronte degli 1,2 milioni di persone che beneficiano del reddito e che sono in grado di lavorare, sono appena 196mila quelle che hanno trovato un’occupazione.

Come ricostruito dal Post, delle 507mila persone che si sono presentate ad un’offerta di lavoro, quasi 70mila sono state esonerate per avere bambini o disabili a carico. Inoltre, 21mila persone sono state sanzionate per violazioni del “patto per il lavoro”.

COSA DICONO DI MAIO E ZAIA

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, ha difeso il reddito di cittadinanza e sollecitato i Comuni ad approvare quei regolamenti per i lavori di pubblica utilità che permetterebbero di dare un’occupazione a chi beneficia della misura.

Il presidente del Veneto Luca Zaia (Lega), appena uscito da una grandissima vittoria elettorale alle regionali, ha invece attaccato il reddito di cittadinanza. “Come in tutte le cose”, ha detto, “ci sono dei principi fondanti – come quello che tutte le persone in difficoltà vanno aiutate -, e poi ci sono le distorsioni: perché se tu devi dare soldi a qualcuno per stare sul divano a guardare la tv non va bene. Noi veneti siamo quelli che abbiamo avuto il minor accesso al reddito di cittadinanza e non è che non abbiamo i disoccupati, ma siamo convinti che quelle risorse vadano date alle imprese con l’obbligo di creare nuova occupazione”.

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