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Cosa fa e quanti soldi ha il fondo Nato dove è stato nominato Cingolani

Cingolani

Cingolani entra nel cda del Nato Innovation Fund, il fondo dalla dotazione di un miliardo di euro che investirà in startup europee che sviluppano tecnologia con possibili applicazioni militari o di difesa.

L’ex ministro della Transizione ecologica nel governo Draghi, Roberto Cingolani, entra nel consiglio di amministrazione del Fondo innovazione della Nato.

Al vertice di Madrid della Nato dello scorso giugno, 22 alleati avevano lanciato il Nato Innovation Fund, il primo fondo di capitale di rischio multi-sovrano al mondo.

Cingolani è uno dei primi tre membri nominati nel board, insieme a Klaus Hommels, fondatore del fondo di venture capital Lakestar (uno dei principali investitori tecnologici in Europa) e a Fiona Murray del Massachusetts Institute of Technology (Mit), come reso noto dalla stessa Alleanza Atlantica. La creazione del Nato Innovation Fund, ha dichiarato Cingolani, “darà impulso alla ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la sicurezza dei Paesi della Nato e per il progresso delle nostre società”.

Il 20 marzo il presidente del Fondo e i primi due amministratori hanno annunciato la decisione che i Paesi Bassi ospiteranno la sede del braccio di gestione degli investimenti del Fondo. Dato l’ampio mandato geografico del Fondo, saranno istituiti ulteriori uffici regionali in tutta l’Alleanza.

Il fondo sarà lanciato ufficialmente durante il vertice annuale della Nato previsto il prossimo luglio a Vilnius.

Tutti i dettagli.

CINGOLANI NEL BOARD DEL FONDO NATO PER L’INNOVAZIONE

I paesi membri della Nato hanno nominato i primi tre membri del cda del Fondo per l’innovazione della Nato tra cui l’italiano Roberto Cingolani, già ministro per la Transizione Ecologica nell’esecutivo Draghi e fondatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Prima ancora dell’esperienza al governo, Cingolani era capo delle tecnologie e dell’innovazione di Leonardo, il gruppo della difesa e aerospazio guidato da Alessandro Profumo, e, in seguito alla nomina a ministro il 13 febbraio 2021, “in aspettativa non retribuita dalla società”, specificava il Sole 24 Ore.

Proprio il nome di Cingolani stava circolando nel totonomine per i vertici delle partecipate del Tesoro in scadenza ad aprile, tra cui proprio quello di Leonardo, ma con la recente nomina di direttore del Fondo per l’innovazione della Nato, questa possibilità si fa più remota.

Tornando al board del Nato Innovation Fund, questo sarà composto da nove membri in totale. Come spiega la nota della Nato, il cda supporterà e consiglierà il Senior Management Team del Fondo, che sarà formato nelle prossime settimane. Ad identificare le prossime figure di manager e direttori del Fondo ci stanno pensando gli head hunter delle società True Search ed Egon Zehnder.

IN COSA CONSISTE IL NATO INNOVATION FUND IN CUI È ENTRATO CINGOLANI

Il fondo ha lo scopo di riunire i governi, il settore privato e il mondo accademico per rafforzare il vantaggio tecnologico della Nato, ha affermato l’alleanza lo scorso anno.

Nello specifico, il Fondo per l’innovazione della Nato è un partenariato finanziario tra gli alleati dell’Alleanza Atlantica partecipanti in qualità di soci accomandanti e un braccio di gestione degli investimenti creato appositamente per questo fondo. Con una dotazione di 1 miliardo di euro, il Fondo investirà in start-up in fase iniziale che sviluppano tecnologie emergenti a duplice uso (deep tech). La Nato sta cercando di avere un “vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti strategici”, ha spiegato a Euractiv un funzionario dell’alleanza.

IL BRACCIO DELL’ALLEANZA ATLANTICA PER IL CAPITALE DI RISCHIO

“Con l’aumentare dell’importanza della tecnologia in tutte le parti della nostra vita, aumenta anche la necessità di sovranità digitale e tecnologica. Il Fondo per l’innovazione della Nato è il primo fondo di capitale di rischio multi-sovrano che sosterrà le tecnologie emergenti e guiderà l’innovazione tanto necessaria in aree che toccano gli obiettivi strategici dell’Alleanza” ha spiegato Klaus Hommels, Presidente del cda del Fondo per l’innovazione della Nato.

PRESIEDUTO DA HOMMELS

Alla presidenza del board del Nato Innovation Fund (Nif) c’è dunque Hommels, personalità “nell’ecosistema europeo che promuove la necessità di una maggiore sovranità nel finanziamento e nella tecnologia” come sottolinea la stessa Alleanza Atlantica.

Fondatore e presidente della società di venture capital Lakestar, uno dei principali investitori tecnologici in Europa, Hommels è l’attuale presidente di InvestEurope, l’associazione che rappresenta il private equity e il capitale di rischio europeo, e membro della task force per l’industria dei mercati dei capitali del Regno Unito. Fa parte di numerosi comitati digitali e think tank, come il Security Innovation Board per la Munich Security Conference. Inoltre, Klaus è stato riconosciuto numerose volte dalla Midas List per il suo track record di investimenti in aziende come Spotify, Klarna, Revolut e AirBnb.

IN COLLABORAZIONE CON IL DIANA

Infine, il Nif è un’iniziativa complementare del Diana (Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic), lanciato lo scorso giugno dai leader della Nato nel tentativo di stare al passo con i progressi tecnologici e le sfide informatiche poste da avversari come Cina e Russia. Come si legge sul sito, Diana e il Nif sono due entità giuridicamente separate. Diana è governato e finanziato da tutti i 30 paesi alleati, mentre il Nif sarà governato e finanziato dalle sue nazioni partecipanti.

A dicembre, il consiglio di amministrazione di Diana ha stabilito le tre aree prioritarie per il lavoro dell’acceleratore di startup sulle tecnologie emergenti e dirompenti, costituendo la “spina dorsale” della sua direzione strategica per il 2023. Diana si concentrerà su big data, intelligenza artificiale (AI), calcolo quantistico, biotecnologie e potenziamento umano, energia e propulsione, nuovi materiali e produzione avanzata, ipersonica e spazio, in particolare dove sono a duplice uso (commerciale e di difesa).

Insieme, Diana e il Nif promuoveranno una filiera di principali innovatori, dalle start-up in fase iniziale alle aziende più mature, e alimenteranno l’adozione delle loro tecnologie da parte degli utenti finali nei governi e nelle forze armate della Nato.

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