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Cosa farà von der Leyen a Lampedusa dopo la chiamata di Meloni?
Continuano gli sbarchi sulle coste della Sicilia, dopo gli allarmi e le minacce d’uso della Marina da parte di Salvini ecco la decisione della premier
Per quanto da loro invitate, rispettivamente a Lampedusa e a Pontida, al Sud e al Nord dell’Italia, non credo che Ursula sia in grado si soccorrere davvero Giorgia o Marine il barbuto e “truce” Matteo, come sono tornati a chiamarlo al Foglio. E scusatemi se li ho elencati tutti per nome, con intimità abusiva.
IL SOCCORSO DI VON DER LEYEN ALLA PREMIER
Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Europea, è ormai troppo in uscita, per quanto ambisca alla conferma l’anno prossimo, per poter concedere alla premier italiana più di quello che non le abbia già dato, cioè poco, più parole che fatti, più gesti che altro, sul terreno dell’accoglienza comunitaria, e non solo italiana, ai migranti che sbarcano in Italia, quando ci riescono, non sempre per fermarvisi ma più spesso per raggiungere poi altri paesi europei. Le cui frontiere terrestri sono però meno aggirabili o superabili di quelle marittime che l’Italia ha ereditato dalla natura non so, francamente, se più per fortuna o per disgrazia, visto l’uso che se n’è fatto in tutti i sensi.
Specie se il suo obiettivo, come m’è parso di capire sinora, è quello di rimanere nella sua postazione di Bruxelles non capovolgendo -o ribaltando, come preferiamo dire in Italia dai tempi del compianto Silvio Berlusconi- ma allargando la maggioranza, cioè aggiungendo i conservatori ai popolari e ai socialisti, la presidente della Commissione potrà concedere alla premier italiana solo qualche altra parola o gesto, sorriso e abbraccio: non di più.
L’ARTE DI TRATTARE CHE SERVE ALLA PREMIER
E la Meloni, giocoforza, dovrà accontentarsi sperando in tempi migliori, come le ha da poco suggerito il senatore a vita Mario Monti in una intervista a Repubblica, convinto per esperienza vissuta a Bruxelles come commissario e a Roma come presidente del Consiglio, che nell’Unione occorra armarsi sempre più di pazienza e astuzia per trattare, mai farsi vincere dalla tentazione di rompere. Che sarebbe la prospettiva peggiore nelle condizioni finanziarie in cui si trova l’Italia col suo debito pubblico.
IL CASO LE PEN INFIAMMA LA LEGA
Ma passiamo all’altra coppia. Marine Le Pen potrà concedere ben poco a Matteo Salvini come vice presidente del Consiglio a livello europeo, dove è fuori gioco. Non parliamo poi del livello francese, dove la signora non può unirsi ma solo adombrarsi ad ogni segnale, vero o falso che sia, di apertura di Macron alle esigenze o richieste italiane.
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Una mano Marine potrebbe darla al suo amico Matteo solo nella politica interna italiana aiutandolo ad accreditarsi a destra nell’inseguimento del vecchio elettorato della Meloni perplesso, a dir poco, per l’evoluzione atlantica ed europea della premier: un elettorato che Massimo Cacciari, tornando recentemente a scontrarsi nel salotto televisivo di Lilli Gruber con Marco Travaglio, che ne parlava secondo lui da visionario, ha calcolato attorno al 4 per cento, non di più. Che, sottratto al 30 per cento dei voti ancora attribuitogli, non comprometterebbe al partito della Meloni la posizione di partito di maggioranza relativa, specie col Pd guidato da Elly Schlein.