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Cosa (non) è successo a Pontida nell’ultima domenica di campagna elettorale

Salvini

Da Pontida Salvini liquida all’1% il dissenso suo e della Meloni da Berlusconi, ma… I graffi di Damato

A vedere e leggere la prima pagina di Libero, che ne ha riferito con l’enfasi di un giornale di partito, Matteo Salvini è riuscito a radunare sui prati di Pontida centomila entusiasti del “ritorno” della “Lega dura”. Quella, per intenderci, dei tempi del fondatore Umberto Bossi, prima che Silvio Berlusconi e un ictus non lo ammorbidissero fra una visita e l’altra ad Arcore, avvolto la notte in un pigiama di seta scelto personalmente dal padrone di casa per onorare l’ospite. Un Bossi che non a caso Vittorio Feltri, sempre sulla prima pagina di Libero, ha voluto quasi celebrare con testimonianze personali come “capo dei Barbari”.

Peccato però che i centomila fossero, secondo le cronache meno enfatiche del Corriere della Sera, dai trentamila ai quarantamila, che sono -beninteso- tanti lo stesso, per carità, ma sempre meno della metà vantata dai tifosi di Salvini. E avvolti prevalentemente nell’azzurro nazionale, piuttosto che nel verde di Bossi, peraltro in accecante assenza personale, come si dice di certi assordanti silenzi. Egli ha infatti declinato l’invito di Salvini e preferito restarsene a casa, nella sua Gemonio, a prepararsi alla festa odierna, e tutta privata, dei suoi 81 anni. Al pur assente Bossi  comunque Salvini ha promesso che i leghisti se torneranno al governo -come sembra scontato dopo tanti sondaggi sull’avanzata elettorale del centrodestra- non se ne staranno con le mani in mano a godersi le poltrone, gli omaggi dei prefetti, le auto blu e tutto il resto, ma lavoreranno sodo, a modo loro naturalmente, per un’Italia troppo a lungo bistrattata nell’Unione Europea, come sostiene anche Giorgia Meloni. Del cui governo peraltro, pur fingendo di non ritenersi escluso dalla corsa a Palazzo Chigi, dove sarebbe felicissimo di andare se Sergio Mattarella volesse -improbabilmente- mandarlo, Salvini ha azzardato qualche anticipazione o auspicio, come preferite.

“Giulia Bongiorno -ha detto testualmente il leader della Lega dal palco di Pontida parlando della parlamentare leghista e avvocata personale- sarebbe un grandissimo ministro della Giustizia. E vi prometto che il prossimo ministro degli Esteri sarà un diplomatico, e non un Giggino volante”, come l’uscente ex grillino Luigi Di Maio. “E quello della Salute un medico”, ha aggiunto Salvini.

Di un governo Meloni sono ormai convinti anche ad Arcore, con quella intervista proprio oggi pubblicata dal Giornale della famiglia Berlusconi con un titolo praticamente dettato dall’interessata: “Pronta a governare”, appunto. Preoccupazioni per la minaccia di Berlusconi di lasciarne fuori o farne uscire i suoi se non dovesse essere chiara la linea europeista e atlantista? Nessuna, pare, da parte della Meloni. E neppure di Salvini, che ha ridotto -sempre a Pontida- all’uno per cento l’area del dissenso degli alleati da Berlusconi. Non sarà l’ungherese Orbàn, insomma, a provocare l’esplosione del centrodestra, dopo che Salvini e la Meloni lo hanno difeso nel Parlamento europeo dall’arrivo di sanzioni comunitarie per la sua illiberalità condivise invece da Berlusconi, ora che il presidente ungherese non fa più parte del Partito Popolare del vecchio continente.

Proprio Orbàn, per fortuna, si è tenuto distante da Pontida, senza con questo evitare che il segretario del Pd Enrico Letta ne cambiasse da Monza i connotati geografici liquidandola come “provincia d’Ungheria”. E tanto meno si è fatto vedere o sentire Putin, chiamato per scherzo in causa dal vecchio e impietoso Sergio Stajno in una vignetta sulla prima pagina della Stampa in cui un imprudente reagisce alla notizia del mancato invito al presidente russo ai funerali della regina Elisabetta, a Londra, dicendo: “Averlo saputo!…C’era un posto libero a Pontida”. Quante licenze si prende, per fortuna, la satira….

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