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Cosa pensano Letta, Salvini, Di Maio e Meloni del salario minimo?

Salario Minimo

Sul tavolo del prossimo Governo ci sarà il dossier sul salario minimo, tema che già divideva la vecchia maggioranza…

Vista l’attuale situazione politica, inevitabilmente, di alcuni temi se ne tornerà a parlare nella prossima legislatura. Uno di questi sarà il salario minimo, che è diventato a tutti gli effetti uno degli argomenti principali di questa campagna elettorale, un po’ per necessità e un po’ per opportunità. La cosiddetta tempesta perfetta.

L’ACCORDO UE SUL SALARIO MINIMO

Ad accendere il dibattito, i primi giorni del mese di giugno, è stato il raggiungimento da parte dell’Unione europea dell’accordo sul tema, che punta a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei Paesi membri. L’Italia è tra i sei Paesi dell’Ue senza una regolamentazione in materia.

COSA SI DICE IN ITALIA SUL SALARIO MINIMO

Il Movimento 5 Stelle, si schiera subito per il sì, tanto da spingere per l’approvazione in tempi rapidi «Noi stiamo lavorando a tempo piano in commissione lavoro al Senato, dove questo progetto di legge sta andando avanti e siamo disponibili a lavorare notte e giorno per approvarlo. Dobbiamo farlo subito», dice l’ex premier e presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, prima della crisi di Governo.

Dello stesso avviso il segretario del partito democratico, Enrico Letta: «Per noi la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è anche l’impegno ad arrivare al salario minimo come hanno fatto in Germania, in Australia, Paesi simili al nostro che hanno fatto una scelta che anche noi dovremo fare». Posizione su cui è allineato anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. E a sinistra della coalizione pure il titolare della Salute Roberto Speranza.

Ma il centrodestra nella maggioranza la pensa diversamente. «Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali. Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca e valorizziamo le nostre relazioni industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività», ha chiarito il ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento tenutosi lo scorso giugno.

«La direttiva europea o non è stata letta o è stata interpretata per motivi elettorali. Non impone alcun salario minimo legale, ma dice che in quei Paesi dove c’è già la contrattazione collettiva questa va rafforzata. In Italia è superiore all’80%. Passare al salario minimo legale vuol dire rischiare una fuga dai contratti collettivi, poiché moltissimi hanno un minimo superiore ai nove euro individuati nel disegno di legge al Senato. Dobbiamo ridurre il cuneo fiscale per aumentare il salario reale delle famiglie e, anche in virtù delle percentuali di disoccupazione, dobbiamo rafforzare la contrattazione collettiva eliminando quei contratti che fanno dumping e incidere sul lavoro sommerso. Bisogna trovare la quadra per sostenere da una parte le famiglie che non arrivano a fine mese e quei lavoratori che hanno salari troppo bassi, ma vanno anche supportate le aziende per incentivare le assunzioni e diminuire il costo del lavoro» così il sottosegretario al Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, Tiziana Nisini della Lega.

Per Giorgia Meloni, il tema “del salario minimo in Italia” è “un po’ uno specchietto per le allodole”, così come affermato in un video messaggio inviato al Festival del lavoro a Bologna. “Penso che non si possa fingere di non sapere che la stragrande maggioranza di chi oggi è lavoratore dipendente nel privato è coperto da contratti collettivi nazionali che già di fatto prevedono un minimo salariale. Si dice che una norma sarebbe necessaria per i contratti ‘pirata’, quelli firmati da associazioni sindacali meno rappresentative, ma dobbiamo ricordare che il 97% dei lavoratori del settore privato sottostanno a contratti firmati dalla triplice sindacale confederale. E quindi anche questo tema è abbastanza secondario”, ha aggiunto la leader di Fratelli d’Italia.

L’EROSIONE DEL POTERE DI ACQUISTO

Al di là del dibattito politico, in Italia vi è realmente un problema salariale.

Ad erodersi in maniera sensibile e veloce davanti ad un fenomeno inflativo così rigido come quello che stiamo vivendo è il poterete d’acquisto, in particolare quello dei lavoratori dipendenti che si ritrovano sempre con le stesse buste paghe ma con i prezzi aumentati. Dunque un fattore caratteristico del nostro sistema economico è proprio la stagnazione delle retribuzioni a cui si unisce quello del lavoro povero e cioè di quei tanti working poor, coloro che pur lavorando con contratto dipendente hanno un reddito che non supera la soglia di povertà.

IL NODO TASSAZIONE

A determinare questa stagnazione dei salari italiani è stata, negli anni, anche la tassazione del lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale, quella quota di salario che viene destinata allo Stato. Circa il 47% di ogni retribuzione italiana viene eroso dalle tasse, una percentuale che secondo sindacati e associazioni datoriali non è sostenibile.

SALARIO MININO COME SOLUZIONE?

Ad oggi il salario minimo non sembra delinearsi come la soluzione migliore. Secondo quanto emerso nell’incontro tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i sindacati, infatti, sembrano  diverse le leve su cui l’Italia dovrebbe puntare: rafforzamento della contrattazione collettiva, per liminare quei contratti che fanno dumping e incidono sul lavoro sommerso, e una riduzione del cuneo fiscale per aumentare il salario reale delle famiglie, anche in virtù delle percentuali di disoccupazione.

Difficile, però, prevedere cosa deciderà il prossimo Governo. Il tema divideva già la vecchia maggioranza, dividerà anche la nuova?

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