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Cosa prevede la settimana corta del centrosinistra che non piace al centrodestra

Settimana Corta

La proposta di legge delle opposizioni sulla settimana corta destinata a essere affossata in Parlamento dal centrodestra

IN COSA CONSISTE LA PROPOSTA SULLA SETTIMANA CORTA

La settimana corta in Italia può ancora aspettare. La proposta di legge, avanzata dalle opposizioni del centrosinistra, mira a ridurre l’orario lavorativo a 32 ore settimanali, mantenendo inalterati gli stipendi. Questa misura, inizialmente prevista in via sperimentale, prevede incentivi fiscali per le aziende che decidono di adottare il nuovo sistema. In particolare, le grandi aziende avrebbero diritto a un esonero del 30% sui contributi previdenziali per tre anni, mentre per le piccole e medie imprese l’esonero salirebbe al 50%, e al 60% in caso di lavori gravosi.

Tra i vantaggi citati nella proposta si fa riferimento all’aumento della produttività, alla crescita occupazionale e alla riduzione dei costi aziendali, in particolare legati al turnover e alla formazione. Inoltre, si pone l’accento sul miglioramento del benessere dei lavoratori, con una riduzione dello stress lavoro-correlato, che attualmente causa una significativa perdita di giornate lavorative per malattia.

LO STOP IMMINENTE DEL CENTRODESTRA IN PARLAMENTO

Tuttavia, la proposta di legge sembra destinata a uno stop. In commissione Lavoro alla Camera, infatti, mercoledì saranno votati gli emendamenti del centrodestra, che puntano a sopprimere totalmente o in parte il provvedimento. Le opposizioni hanno già annunciato battaglia, con il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra in prima linea nel tentativo di bloccare questi emendamenti soppressivi. Valentina Barzotti del M5s ha criticato l’atteggiamento della maggioranza, che starebbe cercando di “affossare la proposta” senza un vero confronto. Nonostante gli sforzi, la maggioranza appare decisa a seguire la stessa strategia utilizzata per il salario minimo, ovvero respingere la proposta in commissione e poi ratificare la decisione in Aula.

IL DIRITTO A STACCARE E ALLA DISCONNESSIONE, IL DIBATTITO TRA I GIOVANI

La questione della gestione del tempo è sempre più al centro del dibattito sul lavoro, in particolare tra i giovani. Le nuove generazioni vedono il lavoro più come un mezzo per ottenere reddito e tempo libero che come uno strumento di affermazione personale. In questo contesto si colloca anche un’altra proposta avanzata dal Partito Democratico, che riguarda il diritto alla disconnessione. La legge, ispirata a un provvedimento australiano, prevede che i lavoratori abbiano il diritto di non ricevere comunicazioni lavorative fuori dall’orario previsto dal contratto, per almeno 12 ore consecutive dopo il turno. Eventuali violazioni da parte dei datori di lavoro potrebbero essere sanzionate con multe tra i 500 e i 3.000 euro per ogni dipendente.

COME SONO ORGANIZZATI NEGLI ALTRI PAESI

A livello internazionale, diversi Paesi hanno già avviato politiche di riduzione dell’orario di lavoro. La Francia, ad esempio, ha introdotto la settimana lavorativa di 35 ore nel 2002 sotto il governo socialista di Lionel Jospin. Più recentemente, La France Insoumise, guidata da Jean-Luc Mélenchon, ha proposto un’ulteriore riduzione a 32 ore settimanali.

Anche il Belgio ha introdotto misure flessibili: i lavoratori possono scegliere se distribuire le 38 ore settimanali su 5 giorni o concentrarle in 4, lavorando 9 ore e mezza al giorno. In Spagna, invece, il governo sta dialogando con le parti sociali per ridurre progressivamente l’orario settimanale dalle attuali 40 ore a 37,5 entro il 2025. E l’Italia osserva.

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