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Cosa sappiamo sulle tangenti a uomini Leonardo

Tangenti Leonardo

Non solo tangenti a manager e dipendenti Leonardo.  Anche fondi neri distratti dalle vere commesse pagate da Leonardo alla società corruttrice e trasferiti nei paradisi fiscali

Si profila una inchiesta in grado di far tremare una parte importante dei nostri gioielli di famiglia quella che ha portato le Fiamme gialle a perquisire le sedi romane e di Pomigliano d’Arco (Napoli) di Leonardo, ex Finmeccanica. Secondo le indagini del pm Gaetano Ruta si starebbe infatti delineando un quadro accusatorio di tutto rispetto che ricomprende riciclaggio, reati fiscali e corruzione tra privati. Reato, quest’ultimo, di cui rispondono dieci manager del Gruppo, che risulta parte offesa.

TANGENTI A UOMINI DI LEONARDO

Per l’accusa, funzionari e dipendenti di Leonardo avrebbero accettato tangenti che materialmente si sarebbero concretizzate in un fisso da 1500 euro al mese o bonifici annuali anche da 30mila, ma anche in regali di diversa natura: dai cellulari ultimo modello, a buoni carburante e, sotto le feste, persino buoni da riscattare al Media World e una penna Mont Blanc.

Li avrebbero intascati, tra il 2014 e il 2019, 10 dipendenti infedeli di Leonardo. Tangenti dei dirigenti della Trans Part Srl, azienda di distribuzione della componentistica militare e aerospaziale e fornitrice del colosso italiano (che nel procedimento è parte offesa e ha collaborato con gli inquirenti) in cambio del “disvelamento” delle condizioni per accedere alle gare.

FONDI NERI DA 6 MILIONI

Ma c’è molto di più perché la procura indaga sulla creazione di fondi neri distratti dalle commesse effettivamente pagate da Leonardo alla ditta. I fondi, circa 6 milioni in 6 anni, venivano trasferiti alla Ftb International Corp, del gruppo Trans Part, ma con sede negli Usa. E da questa, con trasferimenti estero su estero, a sua volta alla Vimac Technology, Mexalin Holding, Mexalin Ltd, considerate sigle di comodo con sede nei paradisi fiscali. “Le somme accreditate sui conti di queste venivano poi riversati almeno in parte sui conti personali di Tavecchia e Feliciani”, si legge nell’ordine di esibizione di atti e documenti, eseguito oggi dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano. E da queste ai dipendenti del colosso italiano della difesa, che lavoravano nella sede di Pomigliano D’Arco. Curioso che il mezzo utilizzato per pagare le ‘mazzette’ fosse spesso la piattaforma Google Pay.

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