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Covid-19, la guerra virale sul fronte politico

Mascherine

I graffi di Damato sulle ultime notizie (politiche e non) sul coronavirus Covid-19

Nell’Italia di questa inedita primavera progressivamente militarizzata per la guerra virale, con i soldati che davanti al Duomo di Milano fanno la guardia ai piccioni e i Carabinieri  che a Roma, sullo sfondo di altre chiese e cupole, aspettano al varco sul lungotevere pedoni e automobilisti, l’unica paradossale consolazione resta quella della simmetria fra l’ostinato aumento dei malati e dei morti e il “giro di vita” dell’Europa. Così l’ha  chiamato con la solita immaginazione creativa in prima pagina il quotidiano Manifesto riferendo dell’annuncio della sospensione del cosiddetto patto di stabilità da parte della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. E’ un patto che di “stabilità”, a dire il vero, ha avuto troppo spesso, secondo le ammissioni dell’italiano Romano Prodi, uno dei predecessori della stessa Ursula, qualcosa più di “stupido” che di intelligente o previdente, tradottosi spesso in un’austerità fine e a se stessa, destinata più ad aggravare che a risolvere i problemi dei paesi in maggiore difficoltà nell’Unione, allungando e non accorciando le distanze di ogni tipo fra di loro.

E pazienza per il ministro grillino degli Esteri Luigi Di Maio, che il vignettista Vauro Senesi sul Fatto Quotidiano ha immaginato dimesso e in mascherina davanti al presidente del Consiglio Conte, pure  lui in mascherina, che per scaramanzia e altro gli impedisce di correre sul balcone di Palazzo Chigi a fare festa. Cioè a replicare lo spettacolo dallo stesso Di Maio improvvisato con imprudenza, per le circostanze di allora, nell’autunno del 2018, quando la maggiorana gialloverde già a trazione più leghista che pentastellata esordì sfidando Bruxelles, salvo indietreggiare dopo qualche settimana introducendo uno zero dopo la virgola fra il 2 e il  4 del rapporto del deficit col prodotto interno lordo. Altri momenti, ben più lontani dei due anni neppure trascorsi da allora, e altri attori, almeno in parte.

Adesso a inseguirsi, sempre parlando e scrivendo per vignette, questa volta col ricorso a Stefano Rolli sul Secolo XIX, sono il pedone che corre a 10 chilometri in 42 minuti, sfuggendo a controlli e divieti, di ogni natura, nazionale o locale, e un dannato coronavirus che sta per raggiungerlo vantandosi di averne fatti fuori 627 in sole 24 ore. Le salme a Bergamo si erano già accumulate a tal punto da fare intervenire i camion dell’Esercito per destinarle alla cremazione in altre città, province e regioni.

Neppure i più anziani, peraltro i più minacciati vigliaccamente dal virus, tanto da porre i medici davanti al tragico problema della scelta fra la cura o il sostanziale abbondono, vista la scarsezza dei letti per le terapie necessarie; neppure i più anziani, dicevo, ricordano spettacoli del genere pur avendo fatto in tempo a vedere almeno le ultime fasi della seconda guerra mondiale e della sua appendice civile. Figuriamoci i giovani o meno anziani, che al massimo hanno vissuto il disordinato 1968 e i successivi, terribili anni di piombo del terrorismo.

Eppure, dicevo, aspettando paradossalmente come una liberazione la registrazione o l’arrivo del “picco”dell’epidemia solo perché esso logicamente dovrebbe comportare un successivo e progressivo, o augurabilmente precipitoso calo, ci resta solo la consolazione di quel “giro di vita” di un’Europa necessaria a vincere questa guerra infame e, ancor più, a riparare poi i danni subiti, di ogni grado e tipo.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO. 

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