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Cybersicurezza, cosa dice il Pnrr?

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Un estratto del focus di Start Magazine “Cybersecurity – Perché non possiamo farne a meno” sulle risorse del Pnrr e i contenuti dell’Italian Digital Sme

Il PNRR dispone 620 milioni di euro per stimolare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, stanzia anche risorse per. l’aggiornamento informatico dei processi aziendali e per la cybersicurezza. L’Italian Digital SME Alliance, raggruppamento di associazioni e PMI, pensa che il piano debba essere guidato in un modo sì strategico ma anche “capillare, perché deve riuscire a coinvolgere un vasto tessuto socioeconomico fatto di piccole e medie imprese, che spesso non hanno la cultura e le risorse per uscire dalla comfort zone e attivare il cambiamento”. L’associazione ha sviluppato allora un documento22 contenente tre macro-proposte per favorire la crescita digitale e culturale delle PMI italiane.

IL VALORE DEL PNRR E DELL’ITALIAN DIGITAL SME ALLIANCE

L’Italian Digital SME Alliance chiede innanzitutto di creare le condizioni per la partecipazione di queste aziende al processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Ad esempio si potrebbe introdurre, nei grandi lotti Consip, la suddivisione in lotti più piccoli, con una percentuale minima del 30 per cento da dedicare in modo esclusivo alle PMI. È inoltre necessario, secondo l’associazione, garantire la libera con-correnza nel mercato ICT, evitando che le società digitali pubbliche diventino fornitrici privilegiate di prodotti e servizi con percorsi di assegnazione agevolati. Sempre ai fini di una maggiore concorrenza, si dovrebbero eliminare le clausole che impongono softwa- re specifici alle aziende concorrenti a bandi e gare pubbliche.

Come seconda proposta, l’associazione propone di favorire la trasformazione digitale delle PMI attraverso bandi e incentivi fiscali, che vanno pensati e stilati tenendo in considerazione le aziende di ridotte dimensioni. In questo senso si possono definire, per esempio, dei bandi a fondo perduto che coprano almeno il 60 per cento dell’investimento, con una rendicontazione semplificata e veloce (trenta giorni) su progetti almeno di 10.000 euro e dalla durata massima di un anno. Può essere utile attuare dei finanziamenti ex ante perché molte PMI, nonostante la vincita di un bando, spesso non hanno la disponibilità per anticipare l’investimento. Per agevolare il processo, l’Italian Digital SME Alliance avanza una proposta di armonizzazione del credito d’imposta alla dimensione dell’impresa in maniera inversamente proporzionale: si partirebbe dal 20 per cento per le aziende con un fatturato superiore ai 5 milioni di euro, per arrivare ad una quota del 50 per cento per quelle con fatturato inferiore ai 2 milioni.

Il terzo e ultimo punto insiste sulla promozione della ricerca e sviluppo nelle aziende ICT e digitali, prevedendo per queste dei bandi a fondo perduto relativi ad attività di ricerca e sviluppo. Dovrebbe essere prevista – anche in questi casi – la possibilità di accesso immediato a un finanziamento bancario che anticipi la cifra vinta nel bando, fissando un tetto minimo di investimento di 20.000 euro. Per favorire la visibilità di aziende e progetti innovativi, può essere utile includere nei bandi una voce a sostegno della loro promozione sul web. Infine, si potrebbe formare una cabina di regia con le associazioni di categoria, le università e gli enti di ricerca per la condivisione di un piano per la razionalizzazione di queste iniziative, facendole convergere verso uno “schema di rete di ecosistemi dell’innovazione”.

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