L’addizionale comunale d’imbarco dei passeggeri aerei è stata introdotta nel 2004 ed è una tassa…
Da Calenda a Bettini: tutti i grandi “ritorni” della campagna elettorale 2022
Chi resta e chi torna protagonista in questa campagna elettorale 2022, secondo Francesco Damato
Per carità, mettiamoci anche noi in fila nell’attesa dell’annuncio, salvo sorprese, dell’accordo per il terzo polo elettorale fra Carlo Calenda e Matteo Renzi, impegnati in un “negoziato poco politico e molto personale”, come ha titolato polemicamente Il Foglio. Dove sono evidentemente preoccupati dei danni che potrebbero derivarne anche al polo di Enrico Letta, preferito da Giuliano Ferrara. Il cui atteggiamento critico verso Calenda e l’ex “royal baby” del Cavaliere, battezzato laicamente dallo stesso Ferrara ai tempi del suo pur licenzioso berlusconismo, è british rispetto a quello di Marco Travaglio. Che sul Fatto Quotidiano è ricorso al solito fotomontaggio per proporre Calenda e Renzi in una riedizione della celebre coppia comica americana Stanlio e Ollio. Essa divertì in bianco e nero milioni di spettatori nel secolo scorso, sicuramente meno di quanti possano far ridere adesso i promotori di un polo falso anche nella numerazione secondo Travaglio, essendo quarto dopo il terzo spettante per i sondaggi al pur solitario Giuseppe Conte.
“Finora -ha raccontato il Fatto dei promotori dell’”ultima farsa” centrista- “si insultavano, ora si alleano perché Carlo non ha le firme e Matteo non ha i voti”. Il che, a dire la verità, un pò è anche vero, nonostante Calenda creda o mostri di credere di poter fare a meno delle firme bastando e avanzando il tratto personale col quale riuscì a farsi eleggere nel 2019 al Parlamento nelle liste del Pd.
Tuttavia, neppure nella variante un pò sfottente anch’essa del Riformista di Piero Sansonetti, che ha unito Calenda e Renzi nel none Renzenda, come la buonanima di Giampaolo Pansa a suo tempo fece con Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi chiamandoli Dalemoni; tuttavia, dicevo, mi colpisce di più nello scenario politico di queste ore la folla dei Rieccoci, chiamiamoli così. Uso il plurale dello storico Rieccolo dato da Indro Montanelli ad Amintore Fanfani per la capacità che aveva di risorgere, o rialzarsi, o tornare dopo ogni caduta o assenza, forzata o volontaria che fosse stata, nella sua Democrazia Cristiana.
Rieccoli, in fondo, sono gli stessi Calenda e Renzi per la loro capacità di ricomparire politicamente, separati o uniti secondo le circostanze.
Rieccolo è naturalmente, con la precedenza che gli spetta per l’anagrafe, Silvio Berlusconi. Che ha sempre qualche riserva da sciogliere e qualche altra da mantenere. Dopo averla smentita al telefono non ricordo neppure con chi, l’ex presidente del Consiglio ha appena annunciato la sua candidatura al Senato. Ma non -o non ancora- alla sua presidenza per una più completa rivincita rispetto al voto di espulsione del 2013. Rieccolo sono riusciti a far diventare Carlo Cottarelli il segretario del Pd Enrico Letta e la +europea Emma Bonino candidandolo in diretta al Parlamento. Dove l’economista nel 2018 avrebbe potuto affacciarsi addirittura da presidente del Consiglio se l’incarico ricevuto da Sergio Mattarella non gli fosse stato soffiato da Giuseppe Conte assistito da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. “Il perdente di successo”, lo ha definito Libero facendogli la cortesia di omettere anche l’altro soprannome che circola in giro: “Il Draghi dei poveri”.
Rieccolo, infine, è in qualche modo anche Goffredo Bettini, l’uomo del Pd che sussurra ai cavalli anche di altre scuderie, tirato giù da qualche pisolino sul Corriere della Sera da Maria Teresa Meli. Che gli ha strappato una speranza, notoriamente l’ultima a morire. E’ quella di vedere l’”amico” Conte sopravvivere più o meno alla grande alle elezioni del 25 settembre, per quanto rifiutatosi di seguire i suoi ripetuti consigli di non fare la guerra a Draghi, sia pure non come Putin all’Ucraina.