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Il processo al sindacato e il decreto lavoro del Governo Meloni

Lavoro Decreto E 1 Maggio

“Sarebbe il caso di aprire una riflessione critica e magari adottare un approccio più pragmatico” ai problemi del lavoro, scriveva ieri Luciano Capone sul Foglio

Scriveva già ieri Luciano Capone nel suo “processo al sindacato” sul Foglio, non immaginando la pioggia che avrebbe fatto prevalere gli ombrelli sugli striscioni e quant’altro, che “una volta arrotolate le bandiera e tornati in sede dalla piazza”, anzi dalle piazze di Potenza e di Roma scelte per comizi e concerti, “sarebbe il caso di aprire una riflessione critica e magari adottare un approccio più pragmatico” ai problemi del lavoro. “Anche perché -osservava sempre Capone, che si definisce liberista per formazione e giornalista per deformazione- la politicizzazione non è qualcosa che faccia bene al sindacato, soprattutto in una fase storica ormai lunga e consolidata in cui gli operai votano in larga parte per la destra”, essendo diventato quello della presidente del Consiglio Giorgia Meloni “il primo partito tra gli operai”, seguito dalla Lega.

LA QUESTIONE LAVORO

E giù a ricordare impietosamente “un sondaggio Ipsos commissionato l’anno scorso dalla Cgil di Bergamo, proprio alla vigilia del Primo maggio” in cui emerse che “il 78 per cento degli intervistati era critico del legame storico tra sindacato e sinistra, il 79 tra i lavoratori, il 56 persino tra gli iscritti alla stessa Cgil”.

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Le misure adottate dal governo col decreto chiamato lavoro appositamente nel giorno della omonima festa, e illustrate sommariamente dalla premier davanti ad una telecamera camminando per i corridoi di Palazzo Chigi per non farsi forse accusare da Maurizio Landini di avere abusato anche dei giornalisti con una conferenza stampa, non sono certamente del tutto risolutive dei problemi sul tappeto. Non eliminano di certo la precarietà di tante occupazioni. Non sconfiggono la povertà, come si vantò comicamente di aver fatto nel 2018 dal balcone di Palazzo Chigi l’allora vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio per via di quel 2,4 per cento di sforamento del bilancio rispetto ai vincoli europei, sceso poi in pochi giorni al 2,04.

Non faranno finalmente passare l’ex presidente, sempre grillino, del Consiglio Giuseppe Conte dalle proteste per le sorti del “suo” reddito di cittadinanza al sollievo o alla speranza suscitata invece in lui dalla lettera della Meloni al Corriere della Sera in occasione della festa della liberazione del 25 aprile, anch’essa minacciata secondo altri da una permanente e neppure tanto nascosta marcia della destra su Roma.

       – Leggi qui tutti i graffi di Damato

Non sarà né farà tutto questo, per carità, ma il decreto legge appena varato dal governo violando, secondo Landini, la sacralità di una festa alla quale potrebbero derogare solo i sindacati con i loro raduni, costituisce di sicuro un passo avanti, non indietro. E’ il massimo consentito dalle condizioni economiche e finanziarie del Paese, che grazie a Dio, tuttavia, sono un pò migliori di quanto non le descrivano, avvertano e quant’altro agenzie internazionali e, a casa nostra, sognatori di chissà quali disgrazie e speculazioni di mercato capaci di spazzare via un governo da essi indesiderato.

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