Un vertice tra la premier Giorgia Meloni e gli AD di alcune tra le più importanti partecipate: Fincantieri, Leonardo, Invitalia e Ferrovie dello Stato. Obiettivo? Capire come declinare in termini civili gli investimenti nella difesa
La Premier Giorgia Meloni ha tenuto martedì mattina a Palazzo Chigi una riunione a porte chiuse per parlare di difesa con le principali aziende partecipate del settore.
I PROTAGONISTI DEL VERTICE A PORTE CHIUSE SULLA DIFESA
Insieme alla Premier c’erano il Ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, i ministri della Difesa Guido Crosetto e dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti. Dall’altra parte del tavolo l’ad di Leonardo Roberto Cingolani, l’ad e dg di Fincantieri Spa Pierroberto Folgiero, Dario Scannapieco di Cdp e l’ad di Invitalia Bernardo Mattarella, l’ad e direttore generale del Gruppo FS italiane Stefano Antonio Donnarumma.
DIFESA E DUAL USE
Al centro del tavolo i prestiti Safe, le tecnologie dual use ed escape clause (clausole di fuga) strumenti della Commissione Europea per consentire ai governi di assumere impegni di spesa nel settore senza incidere sul Patto di Stabilità e Crescita. L’obiettivo trovare una chiave per riuscire ad avere ricadute civili da investimenti militati.
LE RICADUTE CIVILI DA INVESTIMENTI MILITARI
Meloni ha riunito i suoi ministri e i top manager delle partecipate per delineare una strategia che identifichi i punti sui quali investire e attivare il più possibile investimenti dual use che permettano di avere un ritorno anche sul piano civile, in termini occupazionali e definire una compatibilità degli investimenti con quelli attivati dai partner europei.
PRESTITI SAFE
La settimana scorsa l’Italia aveva chiesto alla Commissione Europea di poter accedere ai prestiti Safe fino a 14 miliardi per 5 anni da ripagare con rate diluite entro 45 anni che andranno a coprire le spese già a bilancio e quelle per lo “sforzo aggiuntivo” richiesto a tutti i Paesi nell’ambito del piano Readiness 2030, lo strumento di Bruxelles che concede prestiti per la difesa previsti dal ReArm Europe.
GLI ALTRI PAESI CHE HANNO CHIESTO PRESTITI SAFE
Anche altri paesi hanno chiesto i Prestiti Safe come Belgio, Bulgaria, Cechia, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Portogallo, Romania, Slovacchia e Finlandia. Nel complesso sono 150 miliardi di euro i fondi che l’Ue ha stanziato per Safe nell’ambito del programma di riarmo presentato da Ursula von der Leyen e adottato dai 27 Stati membri. I prestiti Safe sono vincolati dalla clausola nazionale di salvaguardia, vale a dire la scelta degli Stati membri di investire in difesa, superando anche il rapporto del 3 per cento del Pil fissato dal Patto di Stabilità. L’Italia non potrà chiederà l’attivazione del meccanismo fino a quando non uscirà dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo.
PROSSIMI PASSI
Nei prossimi mesi Fs, Leonardo, Invitalia, Fincantieri e Cdm dovranno presentare i dettagli degli investimenti capaci di generare occupazione, know-how e ritorni economici concreti. Elicotteri, navi e tecnologie concrete ma anche infrastrutture e nell’elenco potrebbe finire anche il Ponte sullo Stretto.
IL PONTE SULLO STRETTO FINANZIATO (IN PARTE) CON FONDI DELLA DIFESA
L’infrastruttura, presente anche nel programma elettorale della maggioranza, oggi ha avuto l’approvazione del Cipess in una riunione presieduta dalla stessa Meloni. L’idea è coprire una parte del costo totale (13,5 miliardi) del Ponte con fondi europei proprio grazie alla clausola Dual Use.