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Draghi fra ripresa e Conticidio

Ripresa Conte Draghi

I Graffi di Damato. Ora si litiga anche su chi dovrebbe intestarsi la ripresa certificata da Bankitalia

Scambiare per una brutta notizia la conferma della ripartenza e della ripresa arrivata dalle “considerazioni finali” del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, convinto anche che potrà essere di oltre il 4 per cento l’aumento del prodotto interno lordo nel biennio 2021-2022, sarebbe una follia in un Paese normale. Ma l’Italia notoriamente non lo è, o non è ancora tornata ad esserlo, per cui all’ombra della relazione di Visco si sta sviluppando un dibattito tutto politico e strumentale su chi avrebbe il diritto di intestarsi questa svolta in tempi ancora di pandemia, in cui ogni giorno dobbiamo ancora contare morti e contagiati, sia pure in curva discendente.

I “soli” cento giorni trascorsi dalla nascita del governo di Mario Draghi, secondo i nostalgici di Giuseppe Conte, sotto le 5 Stelle e dintorni, compresa una parte del Pd, non darebbero al presidente del Consiglio in carica il diritto di vantarsi della piega che stanno prendendo le cose, e tanto meno di cantare vittoria. Essa spetterebbe invece al suo predecessore, allontanato a febbraio da Palazzo Chigi, secondo i racconti dei suoi amici e sostenitori, proprio per sottrargli la raccolta dei frutti seminati col suo secondo governo. È uscito in questi giorni addirittura un libro giallo, anche nel colore della copertina, sui “segreti del Conticidio” raccontati, cioè rivelati, dal solito Marco Travaglio. E da chi sennò?

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All’omicidio, per sua fortuna solo politico e non anche fisico, avrebbero partecipato i soliti “poteri forti” italiani ed europei, ma forse anche più estesi ancora, al servizio dei quali si sarebbe messo con le sue azioni di disturbo risalenti già ai primi mesi del secondo governo Conte il pur promotore di quella creatura: Matteo Renzi. La cui azione di pronta destabilizzazione e rapido rovesciamento del professore sarebbe stata rallentata solo dalla pandemia virale scoppiata – presumo – anche per fare dispetto al guastatore. Che alla fine però sarebbe riuscito lo stesso a realizzare la congiura, o quasi, in tempo per impedire l’incoronazione di Conte come uomo della Provvidenza, e magari anche la sua promozione a presidente della Repubblica alla scadenza del mandato di Sergio Mattarella.

Lo stesso capo dello Stato ci avrebbe messo del suo a impedire una simile successione smontando gli equilibri politici realizzatisi nella tarda estate del 2019 e creandone di nuovi: quelli di oggi, con Renzi sempre in maggioranza ma stavolta in compagnia anche dell’“altro Matteo”, Salvini, e di Silvio Berlusconi. Dai quali naturalmente Draghi si lascerebbe dettare la linea più ancora che dal Pd ora guidato da Enrico Letta e da quel che rimane in Parlamento – ancora tanto, comunque – del MoVimento 5 Stelle guidato sulla parola di Grillo, non di più né di meno, da un Conte miracolosamente sopravvissuto all’omicidio, ma attardato stavolta nei suoi movimenti non da Renzi, bensì dalle stesse truppe affidategli dal comico genovese.

Quelli che ci siamo abituati a chiamare grillini sono divisi, confusi e quant’altro anche sulla prospettiva di un nuovo capo come Conte, insidiato ancor prima di potersi insediare da un Luigi Di Maio, per esempio, che lo ha aggirato e scavalcato nella promessa “maturazione” del MoVimento sul percorso, diciamo così, più sensibile, insidioso e vistoso come quello della giustizia. Dove peraltro fatti, incarcerazioni, scarcerazioni, assoluzioni, condanne, scuse, espropri ben remunerati e altro ancora si inseguono ogni giorno, anzi ogni ora, attizzando un fuoco destinato probabilmente a non spegnersi mai.

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