Skip to content

ads
Autorizzazione integrata ambientale

È flop per la gara dell’Ex Ilva: offerte solo da fondi speculativi per l’intero gruppo

Presentate dieci offerte, ma nessuna da un grande gruppo industriale per l’intero perimetro. È scontro totale: i sindacati disertano il tavolo sulla Cigs e chiedono la nazionalizzazione.

La gara per la vendita dell’ex Ilva si chiude con un bilancio che i sindacati definiscono un “fallimento totale”: alla scadenza del termine sono arrivate dieci offerte, ma le uniche due per l’intero perimetro aziendale provengono da fondi di investimento e non da solidi gruppi industriali, mentre le altre puntano a uno “spezzatino” degli asset. Come si legge su Energia Oltre, la reazione è immediata e durissima: Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno disertato in blocco il tavolo sulla cassa integrazione al Ministero del Lavoro, chiedendo un incontro urgente a Palazzo Chigi per definire il futuro del polo siderurgico. La novità, che segna un punto critico nella vertenza che dura da tredici anni, arriva da una nota congiunta dei Commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia e Ilva in AS, e dalle reazioni infuocate delle sigle sindacali e del governo.

UN BANDO DESERTO: OFFERTE INADEGUATE E IL TIMORE DELLO “SPEZZATINO”

Entro la mezzanotte di venerdì 26 settembre sono pervenute dieci manifestazioni di interesse. A farsi avanti per l’intero gruppo ex Ilva sono state Bedrock Industries e la cordata Flacks Group + Steel Business Europe, entrambi fondi di investimento privi, secondo i sindacati, di un solido progetto industriale. Le altre otto offerte, presentate da attori come Marcegaglia (da sola e in cordata), Renexia, Eusider e altri, riguardano invece singoli asset, concretizzando il timore di uno smembramento del polo siderurgico. I commissari hanno inoltre comunicato di aver ricevuto un’ulteriore offerta da un “soggetto politico”, non conforme ai criteri di gara, e hanno precisato che eventuali proposte tardive saranno valutate solo se particolarmente favorevoli.

LA REAZIONE DEI SINDACATI: “FALLIMENTO TOTALE, SERVE LA NAZIONALIZZAZIONE”

La risposta dei sindacati è stata unanime e feroce. Rocco Palombella, segretario della Uilm, ha definito l’esito della gara un “fallimento totale”, frutto dell’ “incapacità del Governo di rilanciare l’ex Ilva”. Per la Uilm, l’unica strada per evitare un disastro ambientale e occupazionale senza precedenti è la “nazionalizzazione”. Sulla stessa linea la Fim-Cisl, con il segretario Ferdinando Uliano che denuncia l’assenza di “un’offerta credibile”, avvertendo che “un asset strategico non può essere smembrato”. La Fim chiede un piano industriale unitario per produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio green, attraverso 4 forni elettrici e 4 impianti Dri.

La tensione è culminata nella decisione compatta di Fim, Fiom, Uilm e Usb di non partecipare all’incontro convocato per oggi dal Ministero del Lavoro sulla cassa integrazione straordinaria. Per i sindacati è “fuori luogo” discutere di ammortizzatori sociali in una “situazione caotica” e senza un chiarimento sul futuro industriale. (…)

LA POSIZIONE DEL GOVERNO E LA DRAMMATICA REALTÀ DELLO STABILIMENTO

Il Ministro delle Imprese, Adolfo Urso, pur senza commentare nel dettaglio le offerte, ha ammesso le enormi difficoltà della situazione. “Siamo tutti consapevoli delle difficoltà, basta evidenziare che è in funzione un solo altoforno, perché il secondo è ancora sotto sequestro probatorio”, ha dichiarato. La realtà produttiva di Taranto è infatti drammatica: con un solo altoforno attivo, lo stabilimento viaggia al minimo storico, ben lontano dalla capacità produttiva necessaria a garantire la sopravvivenza. I commissari si sono riservati un periodo di tempo congruo per esaminare le proposte, con un occhio di riguardo a occupazione, decarbonizzazione e investimenti, ma la strada appare tutta in salita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Torna su