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Ecco il vero messaggio lanciato da Salvini in piazza del Popolo a Roma

I Graffi di Damato

E pensare che Giuseppe Conte, con la mania che ha, come avvocato e professore di diritto prestato a Palazzo Chigi, di chiamare per nome o categoria giuridica tutto quello che gli capita di stendere o trattare, aveva tenuto a definire “procura” il mandato fiduciario affidatogli con un comunicato congiunto dai suoi due vice presidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, di trattare con la Commissione Europea manovra finanziaria, bilancio e quant’altro. Di cui le Camere si occupano aggiornandone via via il contenuto alle esigenze, vere o presunte, del negoziato del presidente del Consiglio.

FARSI PRENDERE LA MANO

Quello smemorato, a dir poco, di Salvini si è fatto prendere la mano, la parola, la testa dalle decine di migliaia di tifosi personali, prima ancora della Lega, radunati in Piazza del Popolo, a Roma, per farsi dare un mandato a trattare lui per l’Italia con l’Europa. Il passaggio del discorso a questo proposito è stato di una chiarezza estrema.

Gli interlocutori di Bruxelles e dintorni, da tempo ormai sul piede di guerra di una costosa procedura d’infrazione per debito eccessivo, già sconcertati dal fatto di doversi ogni tanto incontrare e confrontare con un ministro italiano dell’Economia praticamente svuotato di funzioni, si staranno chiedendo se e quali credenziali abbia ancora, e davvero, il pur presidente del Consiglio Conte. Che, poi, di credenziali non dovrebbe neppure avere bisogno perché in forza dell’articolo 95 della Costituzione “dirige la politica generale del Governo”, con la maiuscola, “e ne è responsabile”. Egli inoltre “mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”, per cui francamente non si capisce – ripeto – con quale logica e per quali motivi i suoi vice e quanti altri nel Governo, sempre al maiuscolo, si sentano nel diritto di concedergli -e teoricamente anche di ritirargli in seguito- mandati, procure e altre diavolerie, col risultato di stendere attorno all’esecutivo un’aria di provvisorietà, di indeterminatezza, di confusione e, complessivamente, di inattendibilità.

IL “MINISTRO DELLA SICUREZZA”

Il ruolo di leader politico, quale sicuramente egli è come capo, peraltro indiscusso, di una Lega in costante crescita elettorale, tanto da sentirsi ormai più forte dell’altro partito di governo, il movimento delle cinque stelle, che pure ha quasi il doppio della rappresentanza parlamentare del Carroccio, non dovrebbe conferire a Salvini il potere di indirizzo e altro ancora che di fatto sta esercitando come vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno.

I panni pur larghi di ministro proprio dell’Interno vanno ormai sempre più stretti all’attuale inquilino del Viminale. Che in un empito di sincerità e insieme di audacia, intervistato qualche sera fa su canale 9 da due giornalisti, uno dei quali Andrea Scanzi, del Fatto Quotidiano, non ancora ripresosi dallo shock, si è autodefinito “ministro della Sicurezza”, non dell’Interno. Ed è proprio in nome della Sicurezza, al maiuscolo, che Salvini si sente evidentemente autorizzato a muoversi fuori e dentro i confini nazionali anche come ministro degli Esteri, della Difesa, dell’Economia, e persino come presidente del Consiglio incidentalmente costretto alla riduttiva funzione di vice.

Comunque il popolo, almeno quello raccoltosi nell’omonima piazza romana, che ha tuttavia preso il nome dalla Madonna cui è dedicata la Chiesa maggiore che vi si affaccia, oltre che dal boschetto di pioppi attribuito alla vecchia tomba di Nerone, pare abbia gradito l’invadenza e l’esuberanza politiche di Salvini. Non resta che vederne gli effetti.

 

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