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Ecco perché i professionisti sono sul piede di guerra

Professionisti

Gli iscritti agli Ordini lamentano una discriminazione rispetto ai colleghi iscritti alla gestione separata dell’Inps. Ecco cosa chiedono i professionisti e il caos innescato dal provvedimento

Non usano mezzi termini: si tratta di una “inaccettabile discriminazione per 2,3 milioni di professionisti, contro la quale ci batteremo in ogni modo”. Gli iscritti agli Ordini, e dunque alle casse di previdenza private, dopo giorni di malumori e polemiche si muovono e indicono per il 4 giugno gli Stati generali della categoria durante i quali verrà presentato il “Manifesto delle professioni per la ripartenza” che esprimerà il lavoro “quotidiano e silenzioso” dei professionisti e la loro funzione “sussidiaria” nei confronti delle istituzioni. A lanciare la manifestazione il Comitato unitario delle professioni (Cup) e la Rete delle professioni tecniche (Rtp), presiedute da Marina Calderone e Armando Zambrano. Saranno proprio loro, insieme ai presidenti degli Ordini e a giornalisti economico-finanziari, il 4 giugno dalle 10.30 alle 12,30, a discutere via social dei problemi attuali e futuri della categoria.

PERCHÉ GLI STATI GENERALI

Nella nota con cui annunciano gli Stati Generali, i due Comitati evidenziano che si tratta di “una manifestazione necessaria per far sentire al governo il malessere di una componente produttiva essenziale del Paese e, quindi, far correggere il decreto durante il passaggio parlamentare della conversione in legge. Quelle degli studi professionali — scrivono — sono state ritenute attività essenziali e in quanto tali escluse dall’elenco delle chiusure imposte per legge durante il periodo di ‘lockdown’ per prevenire e arginare i contagi da Covid-19”.

L’esclusione dalle tutele, affermano, è inaccettabile sia che si guardi al professionista come un lavoratore della conoscenza sia che lo si guardi come titolare di un’attività economica a tutti gli effetti. “Sin dal 2003 la Commissione europea ha equiparato — nella sostanza — il professionista ad una piccola e media impresa — proseguono —. Nella stessa direzione si è mosso il legislatore nazionale con il Jobs Act Autonomi (legge 81/2017)”.

IL MANIFESTO

Diviso per punti, il Manifesto serve — nelle intenzioni dei promotori e degli Ordini — per ricordare al Paese e al governo il ruolo sussidiario già oggi esercitato dalle professioni e che servirà ancora di più nella fase 2 visto che molte attività non riescono a riaprire perché non riescono a rispettare i protocolli della sicurezza sul lavoro o perché non riescono ad ottenere i prestiti garantiti dallo Stato, previsti dal decreto Liquidità, per riavviare la produttività.

IL CAOS DEL DECRETO RILANCIO

Scendendo nel dettaglio, questo è quanto è accaduto nelle ultime settimane e che ha portato alla “sollevazione delle professioni ordinistiche”. Con il decreto Cura Italia (articolo 27) gli iscritti agli Ordini e alle casse di previdenza private avevano beneficiato di un bonus di 600 euro, non soggetto a tassazione, grazie all’istituzione di un Fondo per il reddito di ultima istanza. Con il decreto Rilancio viene confermata un’indennità — di cui non si conosce l’entità — per i mesi di aprile e maggio (articolo 78)  a differenza dei professionisti iscritti alla gestione separata dell’Inps che possono avere un bonus di 600 euro ad aprile e di 1.000 euro a maggio (articolo 84).

Sebbene sia positivo il fatto che il Fondo per il reddito di ultima istanza venga ampliato da 300 milioni a 1.1150 milioni, però i professionisti iscritti agli Ordini devono pure attendere fino a 60 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per avere il decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con  il ministero dell’Economia e delle Finanze, che chiarisca la quantità dell’indennità (si parla di 600 euro ma non è ufficiale) e le modalità per riceverla.

Altra carne al fuoco: i professionisti iscritti agli Ordini non potranno accedere ai contributi a fondo perduto (articolo 25) previsti dal decreto Rilancio per partite Iva e imprese che ad aprile abbiano avuto un calo del fatturato del 33% rispetto allo stesso mese del 2019. Per questi viene stabilito un indennizzo “non inferiore” a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per le persone giuridiche.

Ultima novità l’errore scovato all’articolo 86 del provvedimento con cui si stabilisce il “Divieto di cumulo tra indennità”. In pratica le indennità previste agli articoli  84-85-78 e 98 non sono cumulabili tra loro e neppure con  quella ricevuta per il mese di marzo e prevista dal dl Cura Italia all’articolo 44 ovvero quella che rientra nel Fondo per il reddito di ultima istanza. Secondo il Sindacato Cronisti Romani basterebbe un errata corrige da pubblicare in Gazzetta Ufficiale con cui si espunge il riferimento all’articolo 78 che effettivamente sembra proprio un refuso visto l’ordine numerico.

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