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Qual è lo stato di salute dell’economia italiana?

Per Confindustria difficile una crescita del Pil dell’1,5% come programmato dal governo ma a fronte di ciò tra luglio e settembre sono aumentate il numero delle nuove imprese. Che però ben presto dovranno fare i conti con un nuovo credit cruch

Confindustria boccia la manovra del governo. L’economia italiana, infatti, si sta indebolendo rendendo difficile la crescita programmata dal governo all’1,5% nel 2019. Malgrado ciò gli ultimi dati delle Camere di commercio hanno registrato un aumento delle imprese nel periodo luglio-settembre specialmente al Sud. Crescita che però potrebbe presto cedere il passo a causa della stretta fiscale a danno delle banche che secondo Unimpresa determinerà un ulteriore crollo dei prestiti alle aziende.

ITALIA SI INDEBOLISCE, DIFFICILE LA CRESCITA PROGRAMMATA DAL GOVERNO ALL’1,5% NEL 2019

Per ora la crescita economica in Italia si sta assottigliando. Nel 2019, secondo le previsioni del Centro studi di Confindustria (Csc) pubblicate a inizio ottobre, l’aumento del Pil sarà del +0,9%,in rallentamento rispetto al +1,1% di quest’anno. “Si tratta di una previsione condivisa da altri centri di ricerca e istituzioni nazionali e internazionali. Si sono indebolite le condizioni per la crescita del Paese, interne ed esterne. Questo scenario di debole crescita potrebbe anche rivelarsi ottimista, se si materializzassero i rischi presenti all’orizzonte. In particolare, un’accresciuta sfiducia da parte degli investitori finanziari internazionali, legandosi anche al giudizio negativo delle agenzie di rating, determinerebbe il proseguire dell’aumento dei rendimenti sovrani già in corso, pesando sui conti pubblici italiani e facendo crescere significativamente il costo del credito, riducendone la disponibilità per famiglie e imprese; ciò frenerebbe ancor più i consumi e gli investimenti”, osserva il Csc. “Sembra molto difficile, dunque, l’espansione programmatica del Pil all’1,5% nel 2019, come risultato della manovra di bilancio delineata dal Governo. La manovra è composta per lo più di misure di sostegno al reddito, che potrebbero tradursi solo parzialmente in più consumo; c’è poco di investimenti pubblici e di interventi di stimolo per quelli privati, dei quali ci sarebbe bisogno per colmare il gap accumulato negli anni di crisi. Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di crescita dell’1,5%, l’economia italiana, che sta rallentando, dovrebbe improvvisamente invertire rotta. Accelerando al ritmo dell’Eurozona, già da inizio 2019”.

IMPRESE:+12.000 FRA LUGLIO E SETTEMBRE; AL SUD IL 40% DELLA CRESCITA

Nonostante il rallentamento economico, è stato il Mezzogiorno a trainare la crescita del tessuto imprenditoriale del Paese nel trimestre estivo. Tra luglio e settembre scorso i terminali delle Camere di commercio hanno registrato l’iscrizione di 64.211 nuove imprese (5.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2017) e 51.758 chiusure di imprese esistenti (2mila in più rispetto all’anno precedente). E’ quanto emerge, in sintesi, dai dati diffusi da Unioncamere-InfoCamere sulla natalità e mortalità delle imprese italiane nel terzo trimestre 2018 (www.infocamere.it/movimprese). Il risultato di queste due dinamiche ha consegnato a fine settembre un saldo positivo per 12.453 imprese. Quasi il 40% della crescita è dovuto alla buona performance del Mezzogiorno, dove il saldo è stato positivo per 4.763 unità. Resta in difficoltà il settore artigiano. “I dati ci confermano che c’è bisogno di un’iniezione di fiducia affinché la ripresa possa ridare davvero fiato all’economia”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, secondo cui “occorre inoltre aiutare i nostri giovani ed i nostri imprenditori a cavalcare i cambiamenti in atto. Anche per questo le Camere di commercio sono impegnate a supportare il processo di transizione verso l’adozione delle nuove tecnologie a partire dal digitale, che rappresenta uno dei principali pilastri per sostenere lo sviluppo delle imprese e del Paese. Perché parlare la lingua 4.0 significa innovare, semplificare, creare valore”.

UNIMPRESA: PRESTITI AZIENDE CROLLATI DI 40 MILIARDI IN ULTIMI 12 MESI

Prosegue senza sosta il credit crunch per le aziende italiane: i prestiti delle banche alle imprese, nel corso dell’ultimo anno, sono calati di quasi 40 miliardi di euro (-5,29%) nonostante l’aumento di 1,5 miliardi dei finanziamenti a medio termine. A pesare sul calo è la diminuzione di 18 miliardi dei finanziamenti a breve e di 22 miliardi di quelli di lungo periodo. In aumento di 6,2 miliardi, invece, i prestiti alle famiglie, spinti dal credito al consumo (+7,3 miliardi) e dai mutui (+4,5 miliardi), comparti che hanno compensato il calo registrato sul fronte dei prestiti personali (-5,6 miliardi).  In totale, lo stock di impieghi al settore privato è diminuito di 32 miliardi, passando da 1.356 miliardi a 1.324 miliardi: oltre 3 miliardi al mese in meno ad aziende e cittadini. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale negli ultimi 12 mesi, da agosto 2017 ad agosto 2018, le rate non pagate (sofferenze) sono calate: nell’ultimo anno si è registrata una diminuzione di quasi 50 miliardi (-27,40%) da 172 miliardi a 125 miliardi.

“Le misure fiscali allo studio del governo, contro le banche, possono creare problemi al motore del credito. Più tasse ai gruppi bancari, già alle prese con le tensioni sullo spread, si traducono gioco forza in una restrizione dei finanziamenti. E’ in ogni caso opportuno rivedere i criteri con i quali le banche erogano il denaro alle micro, piccole e medie imprese. Gli attuali parametri, che sono il risultato di un lungo e farraginoso processo di regolamentazione, che ha prodotto restrizioni eccessive per gli istituti bancari, vanno rivisti profondamente. Un primo sforzo, a nostro avviso, dovrebbe arrivare da chi è dentro il sistema finanziario. Si tratta di valutare le richieste di prestiti, specie da parte delle aziende, entrando nel merito dei progetti presentati ed evitando di portare in delibera, domande di credito sulla base dei semplici dati di bilancio. Informazioni, quelle contabili, che certamente non vanno né possono essere ignorate, ma vanno valutate in un mix più ampio” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.

Secondo il rapporto dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, il totale dei prestiti al settore privato è calato nell’arco dell’ultimo anno, da agosto 2017 ad agosto 2018, di 32,4 miliardi (-2,41%) passando dai 1.356,9 miliardi di agosto 2017 ai 1.324,2 miliardi di agosto 2018. Nel dettaglio, è calato di 38,8 miliardi (-5,29%) lo stock di finanziamenti alle imprese passati da 735,2 miliardi a 696,4 miliardi: in particolare, sono calati di 18,1 miliardi (-7,49%) da 242,7 miliardi a 224,6 miliardi i crediti a breve termine (fino a 1 anno); giù di 22,1 miliardi (-6,70%) i prestiti di lunga durata (oltre 5 anni) scesi da 330,6 miliardi a 308,5 miliardi; sono invece cresciuti lievemente di 1,4 miliardi (+0,90%) i finanziamenti di medio periodo (fino a 5 anni) passati da 161,8 miliardi a 163,2 miliardi.

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