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Marco Baccanti non è più dg di Enea Tech e Biomedical. E ora?

Enea Tech E Biomedical

Fatti, nomi e scenari su Enea Tech, l’ente del Mimit presieduto dall’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria

È un pantano che sembra non avere fine, quello in cui è caduta la ex Enea Tech, la fondazione per il biotech del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), divenuta Enea Tech e Biomedical e ora pronta nuovamente a cambiare connotati. Una stagnazione ben rappresentata dall’account twitter dell’ente.

MARCO BACCANTI LASCIA IL POSTO DI DG

Come riporta il Corriere della Sera, fa un passo indietro l’attuale direttore generale Marco Baccanti, super manager che è stato direttore esecutivo di un parco di ricerca negli Emirati Arabi e ha anche guidato il San Raffaele Biomedical Science Park a Milano. Secondo Wired, Baccanti resterà comunque nel consiglio d’amministrazione, da cui sarà pescato il nome di chi gli succederà.

Nella palude, sottolinea il quotidiano Rsc, c’è finito anche almeno mezzo miliardo di fondi in dotazione all’ente nato in piena pandemia, nel 2020, con il secondo governo Conte. La Fondazione, istituita con il Decreto Rilancio, è costata più o meno come i famosi banchi a rotelle (per loro si parla di 460 milioni di euro) e alcuni malignano – si evince dal Corsera – abbia avuto la medesima utilità sebbene avesse lo scopo di promuovere investimenti e iniziative in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento tecnologico a favore delle imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative e alle PMI innovative.

COME E’ CAMBIATO ENEA TECH IN QUESTI ANNI?

Come previsto dallo Statuto, la Fondazione doveva partecipare e investire in start-up e PMI innovative, spin-off universitari e di centri di ricerca e sviluppo, promuovendo e sostenendo i processi di innovazione e trasferimento tecnologico delle PMI per la creazione di imprese ad alto contenuto tecnologico. A questo scopo avrebbe dovuto gestire i famosi 500 milioni di euro.

Nel 2020, ricordano sul Corriere, si era parlato anche di una dotazione che avrebbe potuto superare il miliardo, cosa che peraltro venne quasi realizzata quando il ministro Giancarlo Giorgetti – quindi al governo c’era già Draghi – “tentò di spostare altri 400 milioni da Invitalia, poi tornati indietro per vizi sostanziali (in Invitalia c’erano già delle domande di fondi che sarebbero rimaste disattese bloccando i contratti di sviluppo)”.

Ed è proprio con il nuovo esecutivo che dalle parti del Mise si rendono conto che per le startup c’è già l’apposita branca di Cdp e molti addetti ai lavori avevano infatti fatto notare che si stavano disperdendo fondi in mille rivoli e che la moltiplicazione del sostegno pubblico nel settore rischiava solo di fare scappare i fondi privati. Non dimentichiamo infatti che stava competendo con società venture che invece dovevano raccogliere i soldi sul mercato e sono sottoposte a regole a cui invece la Fondazione è avulsa.

La Fondazione cambia così nome in Enea Tech e Biomedical e si stacca dall’Enea, diventando formalmente privata sebbene sia finanziata da soldi pubblici. “Alla presidenza – ricordano da via Solferino – viene chiamato Giovanni Tria, già ministro con Conte, che si era detto subito contrario alla logica del «bancomat» per le aziende innovative”. Per questo l’ente inizia a supportare lo sviluppo tecnologico. Ma tutto sostanzialmente resta impantanato perché le “risorse, inizialmente previste nell’ammontare di euro 500 milioni, non sono state mai trasferite alla fondazione”.

E ora tutto da rifare: va via il Dg, nel frattempo a Palazzo Chigi si è insediato un nuovo esecutivo, il quarto dal 2020 a oggi e bisognerà capire quale sarà il futuro per questa fondazione di diritto privato che ha però bisogno di fondi pubblici per sopravvivere.

(Articolo pubblicato su Start Magazine)

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