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Giorgia fa lo sgambetto a Silvio lungo la strada del Colle

Meloni Berlusconi

I Graffi di Francesco Damato: quello sgarbo della Meloni a Berlusconi a proposito del Quirinale…

Non so se è stato più assordante o imbarazzato il silenzio non dico dell’interessato, che ha comprensibilmente fatto finita di non avere letto o sentito, ma degli amici più stretti e fedeli, di solito scattanti come molle ad ogni tipo di sgarbo o carineria mancata, dopo che Giorgia Meloni, reduce dalle foto con Matteo Salvini a Cernobbio, in una intervista a tutto campo a Libero ha detto: “Berlusconi non ha molte possibilità di salire al Colle”. Per cui sarebbe il caso che il centrodestra si affrettasse a “trovare un candidato comune”, magari precedendo il centrosinistra diviso sulla successione a Sergio Mattarella per eccesso di aspiranti, tutti sotto traccia per ora, e di visioni su ciò che resta della legislatura.

Certo che a 85 anni da compiere a fine mese, con tutte le corse all’ospedale San Raffaele di Milano per controlli sanitari, le pendenze processuali e l’ossessione che hanno ancora di lui avversari, critici e falsi amici, che gli fanno ancora i salamelecchi e le visite o chiamate di cortesia ma forse hanno più da guadagnare che da perdere da una sua dipartita, o quanto meno da un suo vero ritiro dalla politica, Berlusconi “non ha molte possibilità”, come ha detto impietosamente la Meloni, di candidarsi realisticamente al Quirinale. Dove Dio solo sa quanto egli avesse tenuto ad arrivare quando aveva invece dovuto accontentarsi di Palazzo Chigi fra la sofferenza e i sospetti dei presidenti di turno della Repubblica. Dai quali la sua nomina a presidente del Consiglio continuava a dipendere, per dettato costituzionale, più ancora che dalla fiducia e dalla generosità degli elettori, pur chiamati alle urne per mettere la croce sul suo nome come capolista e candidato alla guida del governo.

Una cosa, comunque, è sospettare o anche essere convinto di avere poche possibilità, o nessuna, di salire al Colle e altra è di sentirselo dire, anzi gridare da un’alleata elettorale ormai non più minore, avendo i sondaggi dalla sua parte. E che lui aveva appena ricevuta con tutte le grazie o i riguardi nel buon ritiro sardo ammettendola, fra l’altro, alla contemplazione della sua favolosa collezione di farfalle. E proteggendola dagli sgarbi ricevuti da Salvini e dagli stessi forzisti con quella esclusione del suo partito dal nuovo Consiglio di Amministrazione della Rai. Sentirsi dire proprio da lei che è praticamente fuori gara per il Quirinale non deve essere stato francamente piacevole per un uomo del quale invece Salvini continua a dire, non importa se per convinzione o per opportunità, che avrebbe tutti i titoli per correre se solo lo volesse. E pazienza per i soliti maligni che vedono in questi riconoscimenti del leader leghista un sottinteso invito ad una rinuncia preventiva e spontanea, per togliere gli alleati dall’imbarazzo o restituire loro libertà di movimento nella metaforica foresta della corsa al Quirinale.

Più ancora della Meloni penso tuttavia che abbia sbagliato, questa volta per eccesso di zelo, l’ex direttore del Giornale di famiglia, e ora direttore di Libero, Alessandro Sallusti con la sua odierna lettera aperta al capo dello Stato per una “riabilitazione” di Berlusconi dal sapore politico di pacificazione. Poco mancò, in una recente intervista, che Marina Berlusconi, la figlia, mandasse a quel paese Augusto Minzolini che da nuovo direttore del Giornale le parlava appunto della “riabilitazione” già conquistatasi da solo dal padre rimanendo, con tutti i nemici che ha, un protagonista della politica.

TUTTI I GRAFFI DI FRANCESCO DAMATO

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