Pubblicato il Decreto Legislativo n. 144/2024 che, in attuazione del Data Governance Act, introduce nuove…
Giorno del Ricordo, perché le Foibe sono ancora un argomento tabù
La tragedia delle foibe e l’esodo delle popolazioni del confine orientale sono temi ancora divisivi e che faticano a trovare posto nel racconto della Storia
Basovizza, Vines, Terni. Per lungo tempo nel nostro paese le foibe erano solo “cavità carsiche” e questi nomi solo indicazioni geografiche. Sono serviti più di 60 anni affinché l’Italia riconoscesse la tragedia che si è abbattuta sui nostri connazionali del confine orientale: una pulizia etnica perpetrata per mano degli uomini del Maresciallo Tito sugli italiani di Istria, Fiume, Quarnaro e Dalmazia.
FOIBE: 8 SETTEMBRE 1943 L’INIZIO DELLA TRAGEDIA
L’8 settembre 1943 il nostro paese sigla un armistizio con le forze alleate per cessare le ostilità. Da allora le forze partigiane di Tito, a seguito di improvvisati tribunali, utilizzano le foibe come indecorose sepolture per gli italiani, civili e militari, giudicati colpevoli di contiguità con il passato regime fascista. La vendetta, più che la giustizia, era la molla che animava i titini. A finire sotto la scure dei tribunali improvvisati, però, non furono solo gerarchi fascisti, o esponenti politici collegati al vecchio regime, ma anche personaggi in vista della comunità italiana, come preti, medici condotti, insegnanti. Tutti ostacoli al nuovo corso jugoslavo. La situazione peggiorò nel 1944, quando l’esercito tedesco si ritirò dall’Istria e dalla Dalmazia, lasciando campo libero all’epurazione etnica del Maresciallo Tito e dei suoi uomini.
FOIBE: UNA PULIZIA ETNICA CHE INGHIOTTÌ ALMENO 6MILA ITALIANI
Le violenze si intensificarono nel maggio del 1945 e presero la forma di una vera e propria pulizia etnica. Gli uomini del Maresciallo Tito uccisero e infoibarono, cioè gettarono nelle profonde insenature del Carso, un numero non precisato di italiani e oppositori politici. Fare una stima delle vittime è molto difficile perché da sempre le foibe erano utilizzate, dalla popolazione locale, come discarica. In molte di esse sono presenti vecchie armi e mezzi risalenti alla I Guerra mondiale, ma anche carri agricoli, carcasse di bestiame e cadaveri dei soldati vittime della guerra del 1915-18.
I racconti, atroci, dei sopravvissuti ricordano di persone gettate nelle foibe ancora vive e lasciate morire di stenti tra i cadaveri. In ogni caso non meno di 6mila (ma forse molti di più) furono gli italiani infoibati. E ancora più pesante fu l’esodo di massa cui furono costretti i nostri connazionali tra il 1945 e il 1956: tra le 250mila e 350mila persone divennero profughi di guerra.
LA TRAGEDIA DEL CONFINE ORIENTALE
Il 10 febbraio 1947 l’Italia sigla il trattato di Pace di Parigi. Un accordo con il quale acconsentiva al ripristino dei confini esistenti alla data del 1º gennaio 1938 e alla cessione di numerosi territori in favore delle potenze confinanti, vincitrici della II Guerra Mondiale. Tra questi buona parte dell’Istria, l’Alta valle dell’Isonzo, la Valle del Vipacco, parte dell’Altipiano carsico e le città di Zara e Fiume finirono alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Riscrivere i confini del nostro paese significò costringere gli italiani che vivevano in quei territori a diventare esuli, profughi, obbligati a ricostruirsi una vita lontano da quella che avevano sempre considerato casa. Ma questo fu un’inevitabile conseguenza della debole posizione del nostro paese alla fine della II Guerra mondiale.
IL TRENO DELLA VERGOGNA: BOLOGNA NEGA L’ACCOGLIENZA AI PROFUGHI
L’accoglienza riservata agli esuli istriani non fu affatto calorosa. Basta un esempio a rendere chiaro quanto fu difficile per gli esuli istriani rientrare in Italia e trovare accoglienza nella platea delle vittime della II guerra mondiale. Il 16 febbraio del 1947 un gruppo di esuli partì da Pola alla volta di Ancona. L’approdo su quello che doveva essere territorio nazionale non fu facile a proteggere gli esuli dalla furia dei connazionali militanti comunisti dovettero pensarci l’esercito e i carabinieri. Ma questo fu solo il preludio di quello che successe nella “rossa” Bologna.
Ai profughi in viaggio verso La Spezia a bordo di un treno merci non fu permesso di fermarsi e rifocillarsi nella stazione di Bologna. La Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa avevano preparato pasti caldi e latte per bambini e anziani. A impedire l’accoglienza furono i ferrovieri sindacalizzati e iscritti al Pci che minacciarono lo sciopero e versarono sui binari i viveri preparati per i profughi. Ma non solo, il treno fu oggetto di una sassaiola da parte di giovani comunisti.
FOIBE: UNA TRAGEDIA ITALIANA NON UNA BATTAGLIA DI PARTE
Una pagina penosa che riflette certamente lo spirito del tempo e di un’Italia ancora pienamente in “guerra civile” seppur formalmente pacificata. Tuttavia, tale diffidenza nei confronti della tragedia del confine orientale si è riverberata su tutta la metà del secolo scorso, facendo diventare quella che è, a tutti gli effetti, una tragedia italiana, una battaglia di parte.
LA LEGGE 92 DEL 2004: IL SUPERAMENTO DELLE DIVISIONI
Tale divisione, negli ultimi decenni, è stata, a fatica, superata. Sono diversi i fattori che hanno concorso a nazionalizzare la tragedia delle foibe. Prima di tutto la memoria, conservata e tramandata da quanti istriani hanno visto la propria quotidianità sconvolta da accordi e trattati calati dall’alto e dalle conseguenti violenze degli uomini del Maresciallo Tito. Poi gli “imprenditori politici” che hanno dato una casa al racconto della tragedia del confine orientale, che ha trovato consacrazione nella legge 92, del 30 marzo 2004, che istituisce il 10 febbraio il “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Notevole impulso al superamento delle divisioni è da attribuire al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e prima ancora al presidente Francesco Cossiga, primo fra tutti i Capi dello Stato a rendere omaggio alle vittime del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947.
LE INIZIATIVE DEL GOVERNO MELONI IN OCCASIONE DEL GIORNO DEL RICORDO
La destra al Governo, con la Presidenza del Consiglio, ha promosso una serie di iniziative e attività per celebrare al meglio la giornata. Lo scorso 31 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro della Cultura, l’istituzione del “Museo del Ricordo” in Roma. Il Museo avrà lo scopo di contribuire a conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, di ricostruire e narrare la storia degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, dell’esodo dalle loro terre e della più complessa vicenda del confine orientale italiano, anche in coerenza con le finalità di cui alla legge 30 marzo 2004, n. 92.
Il 9 febbraio 2024, alle ore 13.00, è prevista la cerimonia di consegna a Palazzo Chigi delle onorificenze ai congiunti delle vittime delle foibe. Dalle ore 00,01 alle 24,00 del 10 febbraio, la facciata principale di Palazzo Chigi in Piazza Colonna sarà illuminata con il Tricolore e la scritta “Io ricordo”.
Dal 10 febbraio al 27 febbraio 2024 si svolgerà il progetto del “Treno del Ricordo”, promosso dal Ministro per lo Sport e i Giovani, con delega di funzioni in materia di anniversari nazionali, che prevede l’organizzazione di un viaggio, su un treno storico appositamente allestito con una mostra multimediale, che ripercorra idealmente quello compiuto dagli esuli istriani, fiumani e dalmati. Il Treno del Ricordo sarà inaugurato il 10 febbraio nella stazione di Trieste. Il suo viaggio partirà l’11 febbraio, toccherà numerose tappe (Venezia, Milano, Torino, Genova, Ancona, Bologna, Parma, La Spezia, Firenze, Roma, Napoli) e si concluderà il 27 febbraio a Taranto.