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Giuseppe Conte torna all’università

Conte Università

Conte è riuscito a inserire la ripresa dell’insegnamento all’università di Firenze nella marcia di avvicinamento – sempre in Toscana – alla villa di Beppe Grillo

Giuseppe Conte è dunque riuscito a inserire la ripresa del suo insegnamento universitario a Firenze nella marcia di avvicinamento, sempre in Toscana, alla villa di Beppe Grillo a Marina di Bibbona. Dove, pur irritato per la fuga di notizie a tal punto da essere tentato di annullare l’appuntamento, lo attenderebbe Grillo in persona, con i vertici veri o presunti del MoVimento 5 Stelle, per offrirgliene praticamente la guida. E ciò pur o proprio per lo stato confusionale in cui lo stesso MoVimento si trovava, in verità, già prima, quando in quella stessa villa si permise nell’estate del 2019 l’alleanza di governo col Pd, ma che è degenerata in casino -scusate il termine- dopo la formazione del governo di Mario Draghi. Che è anch’esso a partecipazione pentastellata insieme con lo stesso Pd ma pure con le indigeste Lega di Matteo Salvini, Forza Italia di Silvio Berlusconi e Italia Viva di Matteo Renzi, sopravvissuta all’”asfalto” -ricordate?- di Rocco Casalino. Dovevano provvedere ad asfaltarla i “volenterosi, “responsabili” e quant’altri di centro, vero e presunto, tutti naturalmente passati da Conte a Draghi dalla sera alla mattina.

Sia chiaro, il professore di diritto privato e già presidente del Consiglio ha fatto non bene ma benissimo a riprendere la sua attività didattica, essendo oltremodo aleatorio il ruolo che sta preparando per lui l’ormai amico Grillo. Che da comico ha messo su uno spettacolo politico più da ridere che altro, anche se forse molti, soprattutto fra i tifosi che avevano davvero creduto alle sue utopie palingenetiche, hanno voglia ora più di piangere che di ridere. E qualche parlamentare sotto le stelle ha pianto davvero motivando indifferentemente, tra Senato e Camera, il suo sì o il suo no sofferto al governo affidato dal capo dello Stato alla guida dell’ex presidente della Banca Centrale Europea. Di cui, sinceramente, basta sentire le parole e vedere il portamento per capire che è valsa la pena tirarlo fuori dalle riserve, o scuderie, della Repubblica.

Ciò che invece Conte, a mio modestissimo avviso, ha sbagliato a fare nel suo ritorno all’Università, con tanto di mascherina accademica addosso e qualche contestazione esterna dei soliti centri “collettivi”, è la politica messa nella sua lezione su “tutela della salute -testuale- e salvaguardia dell’economia”. Non credo proprio ch’egli sia riuscito a smontare le critiche alluvionali non all’uso ma all’abuso dei suoi decreti presidenziali noti ormai con l’acronimo dpcm. La cui “agilità” avrebbe dovuto essere pari a quella del virus da combattere. Via, non si possono sottrarre sistematicamente alla verifica parlamentare manomissioni delle libertà personali.

Non credo infine che sia stato un buon affare politico quello fatto da Conte ammettendo che sì, le numerose tribolazioni fra il governo e le regioni per la gestione dell’emergenza pandemica sono derivate dalle competenze delle cosiddette autonomie locali ridisegnate nella infausta riforma del titolo quinto della Costituzione, ma che, per quanto infausta, quella riforma è stata messa poi al sicuro da una successiva legge speciale del 2003. Che all’articolo 8 conferisce un potere “sostitutivo” al governo in caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica. “Non abbiamo mai preso in considerazione la possibilità di esercitare questo potere”, si è tuttavia vantato Conte. Vi raccomando quel mai, su cui un altro professore, Sabino Cassese, avrebbe molto da ridire, visto quello che ha scritto sul Corriere della Sera di oggi chiedendo di “cambiare la rotta”.

Tutti I graffi di Damato.

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