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Giustizia, il discorso di Mattarella passato a raggi X dai quotidiani

Mattarella

I Graffi di Damato

Oltre e più ancora della “ricarica” che ha acceso la fantasia del manifesto nel felice titolo copertina di prima pagina, si può definire riscoperta, o scoperta in assoluto, quella che i giornali e, per alcuni di essi, le loro aree politiche di riferimento hanno fatto di Sergio Mattarella col passaggio del suo tranquillo e forte discorso di presidente rieletto della Repubblica riguardante la necessaria riforma della giustizia. Solo la nera, nerissima Verità di Maurizio Belpietro, spesso più a destra che non si può, anche a costo di ritrovarsi paradossalmente coll’opposto Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, ha salutato e riassunto la partenza del Mattarella bis denunciandone “luoghi comuni e ipocrisie”. Cui andrebbero ricondotti i 55 applausi rimediati dal capo dello Stato in 38 minuti di discorso, “soprattutto contro i giudici”, ha lamentato appunto Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio.

Quest’ultimo ha sostenuto personalmente nell’editoriale, scritto col testo in mano del discorso di Mattarella, che la vera riforma della giustizia era stata praticamente già fatta dall’ex guardasigilli grillino Alfonso Bonafede cancellando dal 2020 la prescrizione, reintrodotta invece da Marta Cartabia con la cosiddetta improcedibilità dopo un certo numero di anni trascorsi senza una sentenza definitiva. Ma leggete con me, testualmente, Travaglio sul monito del presidente della Repubblica che “i cittadini non devono avvertire timore per decisioni arbitrarie o imprevedibili in contrasto con la certezza del diritto”: Capita ancora -ha replicato il direttore del Fatto- che qualche potente venga disturbato da indagini e condanne senza prescrizione e che qualche poveraccio venga assolto, ma la Cartabia ci sta lavorando. E in linea con questo ragionamento nella vignetta di prima pagina del Fatto è stato dato del “recidivo” al Presidente che si è permesso di parlare dei magistrati senza inginocchiarsi davanti a loro, ma con la posa di un re che intende metterli in riga.

Il Giornale della famiglia Berlusconi, che pare voglia ora venderlo alla famiglia Angelucci, ha dovuto più o meno a malincuore titolare che “Mattarella fa giustizia” dopo averlo accusato, quando Berlusconi era ancora contrario ad una rielezione, di avere ignorato il problema nel messaggio televisivo di Capodanno. “Meglio tardi che mai”, ha solo aggiunto, o premesso, in rosso il Giornale con una vena ancora polemica. Più onestamente, o meno maliziosamente, il direttore di Libero Alessandro Sallusti ha formulato “le scuse al Presidente per aver ieri dubitato che avrebbe messo al centro del nuovo mandato la riforma della giustizia. Lo ha fatto con forza e lo ringraziamo”. Ma “il punto è -ha aggiunto Sallusti dubitando evidentemente sia del Parlamento in scadenza sia di quello che verrà eletto l’anno prossimo- se i nostri cari Fantozzi, oltre ad applaudirlo, lo hanno pure capito”.

Uno scetticismo analogo ha espresso sulla Stampa il pur buon Mattia Feltri liquidando come “ruggito di gatto” l’apparente “boato” delle Camere con quel lungo e nutrito applauso al passaggio del discorso presidenziale sulla credibilità ormai perduta dai magistrati con le loro decisioni spesso “arbitrarie e imprevedibili”.

Un po’ di scetticismo, ma questa volta proprio sul presidente della Repubblica, ripetutamente accusato del mancato scioglimento del Consiglio Superiore della Magistratura dopo il mercato correntizio delle nomine emerso dalla vicenda giudiziaria di Luca Palamara, lo ha espresso anche Il Riformista di Piero Sansonetti con quel “forse”, ben in vista in rosso, in mezzo al lungo titolo nero sul “risveglio” del capo dello Stato, appunto, e sulle sue “picconate sulla magistratura”: quasi, ma molto quasi come quelle della buonanima di Francesco Cossiga dal Quirinale.

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