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Gli abbracci di Schlein

Schlein Conte

Schlein e Conte insieme in piazza a Firenze con i sindacati sul fronte antifascista. I Graffi di Damato

 

Anche se tra le foto comparse sui giornali non ce n’è una che lo testimoni, le cronache da Firenze riferiscono di un abbraccio, e non solo di un colloquio, fra Giuseppe Conte ed Elly Schlein, ospiti ieri dei sindacati alla manifestazione antifascista che ha ispirato, fra l’altro, al manifesto l’annuncio che “c’è vita” in piazza per l’opposizione.

“Adesso il gioco torna a sinistra”, ha titolato Repubblica con un certo sollievo di Concita De Gregorio, incorsa di recente in riconoscimenti per Giorgia Meloni, a destra, che le avevano procurato un po’ di polemiche tra gli avversari della premier. Che proprio ieri è finita nei manifesti sui muri di Milano, accanto al ministro della Pubblica Istruzione, con la testa in giù come Mussolini e i gerarchi nella stessa città, davvero, a piazzale Loreto nel 1945. De gustibus – dicevano i latini – non est disputandum.

A proposito dello scambio di idee e di parole avute con la Schlein, protette prudentemente con le mani sulla bocca da letture labiali, l’ex premier Conte ha voluto da una parte annunciare, in dichiarazioni raccolte dal Corriere della Sera, che “il problema non è”, o non è più, “la leadership a sinistra” da lui scalata dopo la sconfitta elettorale di settembre lasciandosi attribuire con i sondaggi l’obbiettivo del sorpasso sul Nazareno, e dall’altra precisare che “a noi interessa rafforzare una politica di forze progressiste”. Alla quale “se questo Pd ci sta, ben venga”. Ma ci deve stare davvero, sembra un sottinteso allusivo alla protesta, lamentela e quant’altro levatasi dal Fatto Quotidiano per la nuova segretaria piddina “pro armi” come il predecessore Enrico Letta.

Le armi della “compagna” Schlein, come l’hanno salutata a Firenze, sono naturalmente quelle che il governo italiano continua a fornire all’Ucraina, con gli alleati occidentali, per aiutarla a difendersi dall’invasione russa. “Necessario mandare armi a Kiev”, ha infatti appena dichiarato la Schlein al New York Times, che l’ha definita con un certo interesse non ostile, se non addirittura simpatizzante, “la scossa” di questo scorcio d’inverno italiano.

Le carte della Meloni continuano tuttavia a essere buone negli Stati Uniti, dove si sta preparando una sua visita alla Casa Bianca, dopo le missioni compiute dalla presidente del Consiglio in Africa, in Polonia, in Ucraina, in India e nel Medio Oriente. Una Meloni alle prese in questi giorni in Italia con le polemiche tutte interne sulla strage dei migranti appena consumatasi sulle coste calabresi, e definita “di Stato” nel processo mediatico per direttissima condotto dalle opposizioni. Che hanno tentato, per un suo mancato viaggio sul posto, di contrapporla anche al presidente della Repubblica, più veloce e sensibile nella visita di solidarietà alle vittime e ai sopravvissuti al naufragio dell’ennesima carretta degli scafisti turchi. Ma sul posto – ha appena annunciato la stessa Meloni – si recherà presto l’intero governo riunendosi per discutere proprio di immigrazione.

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