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Gli attacchi a Figliuolo per la morte della diciottenne vaccinata con AstraZeneca

Figliuolo

La disinvoltura nell’uso della cronaca pur di imbastire processi sommari è uno dei mali di cui soffre la comunicazione in Italia. I Graffi di Damato

Diversamente dagli azzurri, che hanno stravinto puliti la partita di calcio con i turchi all’Olimpico senza bisogno di drogarsi, regalando agli italiani la “notte magica” annunciata felicemente dalla Stampa, i nostalgici di Giuseppe Conte, da tempo inconsolabili per il suo allontanamento da Palazzo Chigi, hanno dovuto drogare la cronaca per festeggiare la sconfitta del suo successore e del generale degli alpini ch’egli ha promosso commissario straordinario per la lotta alla pandemia rimuovendo Domenico Arcuri.

L’annuncio addirittura della “resa” del generale Francesco Figliuolo e l’intimazione…generosa alle scuse- generosa rispetto alla degradazione, la cui richiesta poteva pure sfuggire a tanto livore- nascono dal presunto fallimento della sua campagna per le vaccinazioni. Della cui dimensione, rapidità, approssimazione e quant’altro sarebbe rimasta vittima anche la povera diciottenne Camilla Canepa, morta dopo una dose di Astrazeneca. Che tardivamente è stata ora preclusa sotto i 60 anni. Ma la sfortunata Camilla vi si era sottoposta -bisogna pur dirlo per onestà di cronaca- senza rivelare una patologia di cui era consapevole, essendo in cura per piastrine basse.

La disinvoltura nell’uso della cronaca pur di imbastire processi sommari, con o senza il concorso di qualche magistrato che -si sa- rischia poco, praticamente nulla, a prestarvisi con un semplice avviso di garanzia o con qualche soffiata, è purtroppo uno dei mali di cui soffre la comunicazione in Italia. Che è in crisi grave quanto e forse anche più della giustizia, E temo non vi si possa porre rimedio neppure col ricorso ai referendum abrogativi di cui Matteo Salvini ha appena scoperto l’utilità promuovendone sei, con l’aiuto dei navigatissimi radicali, per cautelarsi dal temuto fallimento dei tentativi in corso di riformare parti importanti del sistema giudiziario nella più appropriata -lo riconosco- sede parlamentare. Che facciamo? Abroghiamo i giornali più ancora di quanto non vi provvedano già da soli, e da tempo, scomparendo dalle edicole? Abroghiamo l’informazione che ci raggiunge ogni giorno, ogni ora, ogni minuto senza passare per le edicole? Evidentemente no, non si può fare.

Pertanto il povero generale Figliuolo non è il primo e neppure l’ultima vittima, fortunatamente in salute, di questa brutta abitudine, alquanto diffusa nel mondo ma che in Italia conosciamo meglio per viverci, di fare male il proprio mestiere, indifferentemente, di giornalista, di magistrato o di politico.

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