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Gli squilli del governatore della Banca d’Italia scambiati per allarme contro il governo

Ignazio Visco Banca D'italia Bankitalia

Siamo riusciti a crescere, peraltro in un contesto internazionale alquanto difficile, più del resto dell’Europa, e persino degli Stati Uniti oltre Oceano. Ai dati di Visco si sono peraltro aggiunti quelli dell’Istat.

D’accordo, il bene non fa notizia, facendone invece il male, come scrisse una volta il compiamto Aldo Moro polemizzando sul Giorno, pur nel suo stile garbato, con Umberto Eco che si era appena aggrappato a una brutta notizia, appunto, per formulare giudizi e previsioni pessimistiche sull’Italia. Ma non bisogna esagerare, come si è invece fatto un po’ su tutti i giornali italiani riportando e commentando le “considerazioni” davvero finali di Ignazio Visco. Finali anche della sua lunga permanenza, di dodici anni, alla guida della Banca d’Italia.

Va bene che il governatore in persona, pur con un passato giovanile di boy scout, non ci ha messo molto di suo, nella mimica, per compiacersi della sorprendente capacità di crescita dimostrata dall’Italia guidata da Giorgia Meloni in sostanziale continuità con Mario Draghi, già governatore della stessa Banca d’Italia, oltre che presidente dalla Banca Centrale Europea. Ma i numeri sono più forti delle parole e della faccia di chi le pronuncia. Siamo riusciti a crescere, peraltro in un contesto internazionale alquanto difficile, più del resto dell’Europa, e persino degli Stati Uniti oltre Oceano. Ai dati di Visco si sono peraltro aggiunti quelli dell’Istat.

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Eppure Repubblica ha preferito avvertire e lanciare “l’allarme” del governatore sui salari troppo bassi o sul rischio di rallentamento o di non completa realizzazione del piano di ripresa e resilienza e delle riforme.

Persino Il Giornale della ormai ex famiglia Berlusconi, ora solo partecipe della proprietà, ha arruolato Visco, nel titolo su tutta la prima pagina, nell’”opposizione surrogata” attribuendogli, in particolare, la colpa di “rubare il lavoro” alla segretaria del Pd Elly Schlein per “criticare la Meloni su salari e riforme”, appunto.

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Bisogna tornare ad un altro vecchio amore giornalistico di Berlusconi, cioè al Foglio, di cui il Cavaliere favorì la nascita finanziando un Giuliano Ferrara stanco della sua prima e unica esperienza di governo come suo ministro dei rapporti col Parlamento; bisogna tornare al Foglio, dicevo, per trovare una interpretazione delle considerazioni di Visco in funzione filogovernativa. “Fermare l’Italia della lagna”, ha titolato in rosso il giornale di Ferrara spiegando, in nero, che “il manifesto sull’ottimismo di Visco è una lezione contro la politica fatta di fuffa, allarmismi e capri espiatori”. Non credo possa intendersi casuale, cioè non voluto, ogni riferimento o allusione polemica al Pd, preferito dal Foglio nelle ultime elezioni politiche, e alla sua nuova segretaria Elly Schlein, decisa a restare al suo posto anche dopo la batosta elettorale subita nelle amministrative di maggio. “Tranquilli, non me ne vado”, ha ammonito l’interessata dopo avere nervosamente chiesto a critici ed avversari di non starle “troppo addosso” per il suo esordio elettorale non proprio incoraggiante.

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