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Governo Conte bis, svolta nei rapporti con la Francia

L’approfondimento di Jean-Pier Darnis, consigliere scientifico e responsabile del programma Tecnologia e Relazioni internazionali dello Iai, per Affarinternazionali sulla visita del presidente della Francia Macron a Roma lo scorso 18 settembre

La visita di Emmanuel Macron a Roma mercoledì 18 settembre, per incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il capo del governo Giuseppe Conte, segna un disgelo delle relazioni tra Francia e Italia. L’ultima visita di Macron a Roma risale al gennaio 2018, quando era ancora in carica il governo Gentiloni.

Durante il primo governo Conte, i rapporti tra Francia e Italia si sono estremamente rarefatti, con l’eccezione della relazione con Mattarella, attento a mantenere un canale aperto con Parigi e presente ad Amboise nel maggio scorso per le celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci. Dal canto suo, Emmanuel Macron aveva concesso a marzo un’intervista a Fabio Fazio per la trasmissione ‘Che tempo che fa’, in un tentativo di mostrare attenzione verso l’Italia e gli italiani senza coinvolgere il governo.

IL GELO DURANTE IL PRIMO GOVERNO CONTE

Un grande gelo era calato nei rapporti fra Francia e Italia a seguito di divergenze su dossier strutturali su questioni industriali e diplomatiche, ma anche per le ripetute frizioni su una serie di temi, che infiammando il dibattito pubblico avevano messo un freno alle relazioni bilaterali. Va ricordato che l’ultimo vertice governativo bilaterale, che normalmente si svolge ogni anno, risale al settembre 2017. L’ultima volta che era saltato un bilaterale governativo tra Francia e Italia era stato nel 1995, al seguito del voto dell’Italia su una risoluzione delle Nazioni unite che vietava la ripresa del test nucleari francesi a Mururoa.

La moltiplicazione delle convocazioni dei rispettivi ambasciatori nonché il richiamo dell’ambasciatore Christian Masset sono stati i segnali più evidenti della gravità della crisi fra i due Paesi. Nel contesto del primo governo Conte, la Lega e il M5S, e anche Fratelli d’Italia, si erano cimentati in una critica violenta nei confronti della Francia e del suo presidente, giocando sulla legittimazione interna che dava loro una tale opposizione.

A questa retorica corrispondeva quella di Macron che si opponeva apertamente all’Europa dei Salvini e degli Orban. Bisogna ricordare che il rapporto tra Francia e Italia è stato condizionato, e in qualche modo tenuto in ostaggio, sia dalle elezioni politiche del 2018 sia delle elezioni europee del 2019 dove la volontà di affermazione da parte di forze nazionaliste e sovraniste – una novità per l’Italia repubblicana – si contrapponeva specularmente alle rivendicazioni esplicitamente europeiste da parte del presidente francese. Anche lì abbiamo un elemento nuovo, dato che bisogna risalire a Valery Giscard d’Estaing, negli Anni Settanta, per trovare un candidato alla presidenza francese pronto a usare l’integrazione europea come argomento positivo.

A questa personificazione della questione europea, si è aggiunto un senso di colpa europeo sulla questione dei profughi. Tutto ciò ha generato un teorema di responsabilità negativa che ha reso Macron il simbolo dei mali dell’Italia, la creazione del nemico essendo una modalità classica della ricerca del consenso interno per gli schieramenti politici illiberali.

L’ITALIA TORNA EUROPEISTA

La svolta politica che ha condotto al governo Contebis e al cambio di maggioranza sembra avere portato a un cambiamento radicale dell’atteggiamento italiano in materia di politica europea, prolungando la logica politica del voto del M5S a favore della presidenza von ver Leyen per la Commissione europea, cui la Lega si era opposta.

Il programma del governo Contebis, nonché le dichiarazioni programmatiche del nuovo capo del governo italiano, insistono sul riferimento europeo, segnando con forza il ritorno del governo italiano a un europeismo istituzionale e alla volontà di giocare un ruolo sui vari tavoli europei senza proclami di rottura che, di fatto, isolavano l’Italia. Questa tendenza era stata anticipata dall’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo ed è stata confermata dalla designazione di Paolo Gentiloni come commissario europeo per gli affari economici.

Nell’ambito di questo rinnovato impegno europeo dell’Italia, i rapporti con i principali partner risultano estremamente importanti. L’intenso rapporto tra Francia e Germania è in larga misura all’origine dell’elezione di Ursula von der Leyen, una quadratura tedesca del cerchio proposto dalla Francia. Dietro questa operazione politica possiamo intravedere la profondità e l’intensità dei rapporti fra Parigi e Berlino, sostenuti dal Trattato dell’Eliseo, che si traducono, ad esempio, nella periodica presenza di ministri francesi e tedeschi al Consiglio dei Ministri del partner. Da questa consuetudine nascono poi meccanismi di fiducia che permettono convergenze.

Appare quindi strategico per l’Italia alzare il profilo dei suoi rapporti sia con la Francia sia con la Germania dopo l’eclissi del primo governo Conte. La visita di Macron fornisce un’occasione per confermare il re-inserimento dell’Italia nel gioco europeo, su tutta una serie di dossier, partendo dall’immigrazione fino all’industria, passando per le politiche economiche, dove le convergenze potenziali esistono da tempo. Dopotutto anche la Francia ha attraversato crisi recenti, come quella dei gilets gialli, che ha dato al presidente Macron non soltanto forza politica, ma anche consapevolezza della delicatezza degli equilibri sociali e della necessità di dare risposte alle fasce della popolazione lasciate da parte dalla crescita economica.

UN RISCHIO SEMPRE PRESENTE

Fin qui tutto bene. Ma sarebbe ingenuo e pericoloso dimenticare la specificità dei rapporti franco-italiani in cui troviamo un sentimento storico di diffidenza nei confronti della Francia da parte dell’Italia, mentre la Francia spesso propone una visione ‘buonista’ e relativamente indifferente o distratta dei suoi rapporti con l’Italia. Le tensioni nei confronti della Francia, manifestatesi già a partire dalle campagne di Napoleone in Italia, si sono espresse in tempi più recenti su una serie di dossier politici ed economici che, dagli Anni 2000, hanno periodicamente avvelenato i rapporti fra Parigi e Roma.

Questi incendi periodici sono stati spenti correndo ogni volta ai ripari, come nel 2011 fecero gli allora premier Silvio Berlusconi e presidente Nicolas Sarkozy, ma senza trovare una risposta di sistema che permettesse un confronto permanente fra i due esecutivi: una necessità, vista la molteplicità degli interessi comuni, ma anche la dimensione conflittuale in materia di accoglienza degli immigrati, di investimenti industriali e di controllo pubblico delle aziende, nonché su specifici dossier di politica estera come le questioni Libia e Sahel, la prima molto sentita a Roma, la seconda a Parigi.

Bisogna quindi augurarsi che le relazioni fra Francia e Italia non tornino a una normalità spesso sinonimo di gestione corrente e relativamente miope degli interessi comuni, ma possano compiere passi in avanti nella realizzazione di tavoli di confronto permanenti, più che mai necessari, anche sotto la forma di un trattato bilaterale come fu progettato con il Trattato del Quirinale.

 

Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it

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