La campagna elettorale prende il sopravvento anche sulla violenta ondata di maltempo che ha colpito…
Governo tecnico, spettro o vignetta?
L’ipotesi governo tecnico continua ad alimentare il dibattito politico e sui media – I Graffi di Damato
Mentre la Repubblica, quella di carta, mobilita il suo ex direttore Ezio Mauro per trattare “gli spettri tecnici” che tormenterebbero Giorgia Meloni, ma forse anche la sua principale rivale Elly Schlein al Nazareno, sul Corriere della Sera il buon Emilio Giannelli, occupando meno spazio di un editoriale di media lunghezza, la butta in barzelletta, o quasi. E sorprende la Meloni che grida al suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alle prese con una perdita d’acqua, o d’altro, dietro una parete: “Non voglio sentir dire che ci vuole un tecnico!!”.
LOLLOBRIGIDA E TRAVAGLIO PER UNA VOLTA D’ACCORDO
Ma oltre che farci ridere Giannelli fa ripetere alla Meloni l’errore commesso qualche giorno fa a Malta, quando la premier cadde nella trappola tesale dai giornaloni che fantastificavano di un governo tecnico. Vi cadde sfidando i presunti complottardi a provarci, cioè prendendo sul serio la questione.
E mettendo una volta tanto d’accordo suo cognato Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura eccetera eccetera, e il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio: entrambi convinti che, nel pur improbabile caso di una crisi simile a quella che investì nel 2011 l’ultimo governo di Silvio Berlusconi, la soluzione debba trovarsi nelle elezioni anticipate, non in un altro, a questo punto l’ennesimo governo tecnico, come quelli di Lamberto Dini, di Mario Monti e di Mario Draghi succedutisi fra il 1994 e il 2022, cioè l’anno scorso, sotto l’usbergo di tre presidenti della Repubblica: Oscar Luigi Scalfaro, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
GOVERNO TECNICO? PER FDI UNICA ALTERNATIVA SONO LE ELEZIONI ANTICIPATE
Sarebbero – date le condizioni delle opposizioni, divise fra di loro e all’interno di ciascuna di esse – elezioni destinate, ad occhio e croce, a risolversi nella conferma della maggioranza di destra-centro uscita dalle urne poco più di un anno fa. Magari – penserà forse non a torto la Meloni – con un allungamento delle distanze tra i fratelli e sorelle d’Italia e le altre componenti dell’alleanza, cioè la Lega di Matteo Salvini, per quanti sforzi stia facendo quest’ultimo di risalire la china, e la Forza Italia che il povero Antonio Tajani ha giocoforza ereditato da Silvio Berlusconi con la benedizione, nelle ultime ore, dell’ex direttore del Sole-24 Ore Roberto Napoletano, ora alla guida del Quotidiano del Sud.
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Che ha promosso il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, reduce dalle celebrazioni di Paestum, a erede non solo o non tanto di Berlusconi quanto di Ugo La Malfa per serietà di programmi, visioni, comportamenti e altro ancora.
Il compianto Ugo La Malfa, come ricorderà anche il figlio Giorgio, veleggiava col suo Pri – Partito Repubblicano Italiano – fra il 2 e il 3 per cento dei voti, pur sapendoli gestire alla grande, per carità, ma in un sistema elettorale proporzionale che non c’è più. Era, persino più di quanto poi sarebbe stato il più corposo Psi di Bettino Craxi, l’ago della bilancia nei rapporti fra la Dc e gli alleati all’epoca del centrismo e del primo centro-sinistra, quello col trattino.