skip to Main Content

“Great resignation? I lavori aridi non trattengono le persone”. Parla il prof. De Masi

Lavoro De Masi

Conversazione con il prof. Domenico De Masi sui mutamenti all’interno del mercato del lavoro: dalla Great resignation all’intelligenza artificiale 

Il mondo del lavoro sta vivendo anni di grandi mutamenti. La pandemia e il lockdown hanno portato molti lavoratori a svolgere la propria professione all’interno delle proprie abitazioni. Lo smartworking ha restituito al lavoratore, e alla sua dimensione intima e familiare, parte di quel tempo prima destinato al lavoro. A questo fenomeno fa seguito quello della great resignation, cioè delle dimissioni di massa. Una strada scelta da numerosi lavoratori in cerca di maggiori soddisfazioni professionali o di un impiego che riesca a permettere una migliore conciliazione tra vita professionale e vita privata. Un altro tema che invaderà sempre più i dibattiti intorno al tema del mercato del lavoro è l’Intelligenza Artificiale.

Di tutti questi argomenti ne abbiamo parlato con il prof. Domenico De Masi, sociologo e professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Secondo i dati del ministero del Lavoro in nove mesi del 2022 più di 1,6 milioni di lavoratori ha lasciato il proprio posto in favore di un altro. Come può spiegarlo?

Questo è molto complesso. Domenica scorsa Lucia Annunziata ha fatto la stessa domanda ai quattro finalisti che stanno correndo per la segreteria del PD ed è stato interessante perché nessuno dei quattro ha saputo rispondere. Il lavoro risponde a due possibili bisogni, uno è di carattere strumentale, cioè il bisogno di guadagnare per campare. L’altro tipo di bisogno è di carattere espressivo. Se il lavoro corrisponde alla propria inclinazione creativa, se consente di socializzare, se ha un valore estetico, di convivialità. Di solito il lavoro che viene messo a disposizione del lavoratore bada soprattutto all’aspetto strumentale. Questo andava bene quando, nell’800, eravamo un paese che moriva di fame.

Ora non va più bene?

Nel momento in cui c’è un certo benessere, perché noi siamo l’ottavo paese al mondo su 196 paesi, i bisogni che scattano non sono solo quelli primari ma anche quelli afferenti alla convivialità, ai rapporti umani e così via. I lavori in gran parte sono aridi e non danno questo tipo di soddisfazioni perciò chi ha a disposizione il minimo necessario per campare se ne va, smette di lavorare.

Secondo lei l’esperienza del Covid che impatto ha avuto?

Il Covid ha fatto capire a un sacco di gente, che è stata costretta a casa, quanto era idiota andare tutti i giorni in ufficio a fare un lavoro inutile e senza speranza, solo per guadagnare. Chi è riuscito a mettere da parte un gruzzoletto, tra il consumare cose costose e consumare cose meno costose e stare per conto proprio in piena libertà ha preferito questa seconda alternativa. Cosa che io avevo scritto in un libro del 1999 (“Il futuro del lavoro”, ed Rizzoli).

Prof. De Masi allo stesso tempo, secondo gli ultimi dati INPS, c’è stato più di 1millione di assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, e circa 6 milioni di assunzioni in totale (sia contratti a tempo determinato che indeterminato). Il dato migliore dal 2015.

Questa differenza ormai è solo fittizia, quando c’era l’articolo 18 un datore di lavoro non poteva licenziare senza giusta causa, invece con l’abolizione dell’articolo 18 qualsiasi datore di lavoro, può licenziare il lavoratore sia che abbia un contratto a tempo determinato o indeterminato. Questo per decenni non si è potuto fare, lo Statuto dei lavoratori aveva assicurato la certezza che non si poteva essere licenziati se non per giusta causa.

Un effetto avrà lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sul nuovo mondo del lavoro?

L’intelligenza artificiale avrà un impatto enorme. Tenga conto che le macchine meccaniche e le macchine elettromeccaniche hanno tolto lavoro soprattutto agli operai, i computer hanno tolto lavoro soprattutto agli impiegati e l’intelligenza artificiale toglierà lavoro soprattutto al lavoro creativo, a quello che non risponde a una procedura precisa. Io ho visitato 8 lavoratori dell’intelligenza artificiale negli USA, quello sarà un impatto enorme. Può giurare che anche il suo lavoro salterà, già alle olimpiadi di Rio De Janeiro del 2016 tutti i servizi li hanno fatti con l’intelligenza artificiale, senza nemmeno un giornalista. E sono già passati 6 anni. Pensi a quello che possono fare gli assistenti vocali.

Stiamo andando verso un mondo del lavoro in cui in pochi lavoreranno e la gran parte delle attività sarà svolta dalle macchine?

Certo che stiamo andando in quella direzione, velocissimamente. Si figuri che Keynes pose questo problema già nel 1930.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top