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I grilli di Grillo per difendere Virginia Raggi

Roma Commissioni Speciali

I graffi di Damato sull’interruzione del silenzio di Beppe Grillo per difendere la sindaca di Roma, Virginia Raggi

Beppe Grillo ha finalmente rotto il silenzio in questa fase di “transizione” del suo Movimento, come l’ha recentemente definita il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel salotto televisivo di Bruno Vespa per spiegare, giustificare e quant’altro la confusione, a dir poco, della componente principale del suo governo. O il “marasma”, come più impietosamente l’ha definita un giornale che pure non gli è ostile come Il Fatto Quotidiano.

Finalmente il comico genovese ha metaforicamente varcato in uscita i cancelli delle sue ville, apparsi per un bel po’ come muri dietro ai quali aveva preferito rimanere come riedizioni del più celebre Muro di Berlino, di cui si è appena festeggiato il trentesimo anniversario della caduta, e si è pronunciato su qualcosa e qualcuno riguardante quel quasi partito che in soli dieci anni egli ha saputo portare al governo in posizione dominante, o “centrale”, come la definisce costantemente e orgogliosamente Luigi Di Maio. Che continua ad essere -non si è ancora ben capito se più con rassegnazione o convinzione del garante, “elevato” e quant’altro debba essere considerato Grillo- il “capo” del Movimento delle 5 Stelle, anche dopo avere perduto nelle elezioni europee di fine maggio metà circa dell’elettorato di un anno prima ed essere diventato “solo” ministro degli Esteri, dopo aver fatto nel primo governo Conte a partecipazione leghista il vice presidente del Consiglio e l’ambo-ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro.

Peccato però che nel rompere il suo lungo e assordante silenzio usando il blog personale arrivato alla sua 87.ma settimana, Grillo non abbia voluto occuparsi né del sunnominato Di Maio, né dei problemi di governo che gli stanno sfuggendo di mano, diciamo così, come l’ex Ilva di Taranto, l’incompiuto Mose dell’allagatissima Venezia, il modo di far partecipare il Movimento alle prossime elezioni regionali dopo la scoppola rimediata in Umbria alleandosi col Pd e l’ingovernabilità del gruppo parlamentare di Montecitorio, dove non dispone della maggioranza necessaria per fare eleggere dopo due mesi il nuovo presidente, avendo voluto portare il precedente nel secondo governo Conte. Il fondatore ha invece voluto spendersi per la causa insieme meno attuale e più impopolare della sindaca pentastellata di Roma Virginia Raggi, per la quale ha propagandato un sito internet per diffondere le “cosefatte” -tutta una parola, come è d’obbligo elettronico- in Campidoglio e dintorni dalla sua elezione e far capire finalmente agli ignorantoni e disinformati romani “l’enorme lavoro” di questa incompresa eroina. Che per misteriose circostanze, tutte estranee evidentemente alla sua volontà, deve girare pure lei col fazzoletto al naso per il fetore della monnezza non raccolta, e indossare tute d’amianto prima di salire sugli autobus, più facili a prendere fuoco che ad arrivare prima o poi a destinazione, con ritardi variabili da quindici minuti a quindici ore, o quasi.

Bisogna riconoscere che solo un comico della esperienza e professionalità di Grillo poteva assumersi questo immane e -ripeto- inattuale compito di proporre di fatto la rielezione della Raggi a sindaco di Roma, quando mancano ancora quasi due anni alla scadenza del suo impervio mandato.

Con lo stesso eroismo, attingendo a quei “frammenti di pensiero” che sembrano la pubblicità di un Frammenti di panettone in questa stagione prenatalizia, Grillo potrà tentare nella prossima, 88.ma edizione settimanale del suo blog personale di difendere la fedelissima ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta dalla non esaltante rappresentazione appena fattane dal Corriere della Sera per l’appartamento di servizio fattosi assegnare al momento della nomina governativa, l’anno scorso, e non restituito al momento della cessazione dall’incarico, con la formazione del nuovo Gabinetto Conte, perché nel frattempo affidato al marito maggiore, nel senso di ufficiale dell’Esercito, di grado non elevato abbastanza per disporre di quel tipo di alloggio, e pur avendo la coppia un appartamento di proprietà a Roma. Sarebbe, se confermata dalle indagini della magistratura penale e di quella contabile annunciate dal quotidiano milanese, una storiaccia più da casta -per usare un termine molto adoperato sotto le cinque stelle quando si parla degli avversari- che altro.

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