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I balletti politici

I Graffi di Damato sull’Italia che soffre con Zanardi e quella surreale dell’avanspettacolo politico

È bello che per un giorno, fatte poche eccezioni, i quotidiani si siano trovati davvero in sintonia con la gente comune, e non con i soliti palazzi del potere e sottopotere, nello scambio sordido e abituale di messaggi politici per gli addetti ai lavori. Sulle prime pagine ha dominato il dramma del popolarissimo campione paralimpico Alex Zanardi. Che è finito contro un camion con la sua handibike e lotta contro la morte tenendo col fiato sospeso un Paese che gli vuole bene per le tante prove che ha saputo dare della sua forza e generosità. Dai, Alex, siamo tutti con te. Insegnaci ancora una volta a vivere, a sapere trasformare in opportunità anche i momenti più difficili: da una pandemia a un terremoto devastante, da una disgrazia ad un errore.

È l’opposto di quanto ancora una volta ha mostrato di non saper fare la politica, con la dovuta minuscola, scannandosi nell’aula del Senato per un infortunio in cui sono incorsi il governo e la sua variopinta maggioranza — doveva capitare prima o poi — con l’abuso dei ricorsi alla fiducia, naturalmente palese, per accelerare i percorsi dei provvedimenti e scansare i rischi delle votazioni  a scrutinio segreto. O pure di quelle a voto palese su emendamenti e quant’altro, ugualmente pericolosi per i margini ristretti che ogni coalizione ha ormai a Palazzo Madama anche per i limiti di un sistema elettorale rivelatosi sempre peggiore di quello via via modificato da una trentina d’anni a questa parte.

La confusione e l’animosità fra i senatori costretti, per un calcolo sbagliato delle presenze, a ripetere da un giorno all’altro la votazione di fiducia, appunto, per la conversione del  decreto legge sulle elezioni d’’autunno, abbinate al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, sono state tali che alla presidente del Senato in persona, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è scappata una “bestemmia” evidenziata  sulla prima pagina del Fatto Quotidiano con tanto di foto della signora rivolta ai destinatari della sua protesta. “Per Dio, siete qui come pupazzi o volete parlare?”, è sbottata la presidente mentre i senatori degli opposti, ma a volte anche degli stessi schieramenti, se ne dicevano di tutti i colori e riprendevano lo spettacolo, o avanspettacolo , coi loro telefonini multiuso.

Una delle più agitate, in aula, era la vice presidente grillina dell’assemblea Paola Taverna, già distintasi in passato per espressioni di una certa vivacità all’altezza involontaria del  suo cognome, ma indispettita questa volta dalla circostanza in qualche modo sottolineata dalla presidente di essere  stata lei il giorno prima a presiedere la seduta nella votazione risultata poi irregolare. No, la colpa — ha gridato l’interessata, lasciando sospettare un agguato  tesole dalla destra — è di Ignazio La Russa, che le aveva chiesto di sostituirla in quell’occasione. Ma il fratello d’Italia di Giorgia Meloni non se l’è tenuta ed ha ricambiato a suo modo, dando praticamente della smemorata alla rivale perché la richiesta di sostituzione alla vice presidenza della seduta risaliva a giorni precedenti, quando non si poteva prevedere quello che sarebbe accaduto.

A seguire la seduta del Senato dal suo ufficio del Quirinale al povero presidente della Repubblica deve essere venuta davvero la tentazione del mattarello attribuitagli per altri versi da Emilio Giannelli nella vignetta di prima pagina del Corriere della Sera. Una cosa comunque rimane certa, o confermata: il governo non se la passa bene, fra Roma e Bruxelles, viste anche le difficoltà a livello europeo.

 

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