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I bollori di Pd e Forza Italia

Manovra

I Graffi di Damato sullo stato d’animo dei parlamentari di Forza Italia e Pd

Stanco ma non sfinito, forse, dalle vacanze sulla spiaggia di Milano Marittima, con annessi e connessi, Matteo Salvini si è concesso le penultime battute contro i compagni grillini di governo nella festa leghista di Colico. Dove “il capitano” si è riconciliato con le immagini religiose dei suoi comizi elettorali cantando la Madonnina dai riccioli d’oro, “in filo diretto col Paradiso”, come dice il testo in apertura.

LE ASSENZE DI FORZA ITALIA E FDI

In filo diretto, ma giù dal palco di Colico, e forse già dalla spiaggia romagnola dove aveva adorato ben altro, il leader leghista deve essersi informato in questi giorni con i suoi di Palazzo Madama sulle assenze dei forzisti di Silvio Berlusconi e dei fratelli d’Italia di Giorgia Meloni nel momento in cui si voterà per la conversione finale del decreto sulla sicurezza da lui così fortemente voluto. La cui sorte è minacciata dai soliti mal di pancia sotto le 5 stelle, aggravatisi ultimamente con la rottura fra Di Maio e un fedelissimo di Davide Casaleggio e di Beppe Grillo: Max Bugnai.

LO STATO D’ANIMO DEI PARLAMENTARI FORZISTI

In verità, come ha ricordato Paolo Mieli sul Corriere della Sera, citando per altri motivi un recente sondaggio curato da Roberto D’Alimonte per Il Sole 24 Ore, l’86  per cento di quel che rimane dell’elettorato di Berlusconi smania di essere richiamato alle urne, per quanto esse siano diventate poco divertenti per il Cavaliere, ma ben diverso è lo stato d’animo dei parlamentari forzisti eletti l’anno scorso. Che sanno di poter tornare in pochi al prossimo rinnovo delle Camere, per cui se possono dare una mano a Salvini, loro alleato peraltro in tante amministrazioni locali, per risparmiargli una crisi lo fanno volentieri.

E QUELLO DEI PARLAMENTI PD

Lo stesso si può dire, in fondo, anche per i senatori del Pd, pur così pugnaci a voce contro il governo e, sempre a voce, smaniosi di tornare alle urne, questa volta con la speranza concreta di ritrovarsi più numerosi di un anno fa, ma anche interessati ad evitare passi falsi. E tale potrebbe rivelarsi una crisi chiusa dall’imprevedibile presidente della Repubblica, ostinato nella difesa dei conti dello Stato, con la formazione di un governo gravato solo del compito di varare una manovra fiscale a dir poco impopolare. Cui i piddini potrebbero essere costretti a contribuire per quello stesso senso di responsabilità e sacrificio chiesto loro dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano all’epoca di Mario Monti a Palazzo Chigi.

Sarebbe uno scherzo da prete per il partito che anche Nicola Zingaretti peraltro è costretto a guidare mettendosi le mani fra i capelli che non ha, visto che non passa giorno senza che pure lui, come Matteo Renzi ai suoi tempi, debba registrare mugugni, scricchiolii e  venti di scissione: stavolta soffiati dai renziani dispersisi all’ultimo congresso fra più gruppi ma rimasti uniti nel rifiuto di accordi o inciuci con i grillini, anche adesso che i numeri elettorali dei pentastellati fanno meno paura grazie alla dieta imposta loro da Salvini.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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