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I cinesi di China Merchants Group investono sul porto di Ravenna

Ravenna

Dallo scorso giugno si è insediata in città la divisione europea del colosso cinese della cantieristica China Merchants Group, che intende fare della capitale bizantina l’hub dell’ingegneria navale e dell’oil&gas per il vecchio continente

I destini di Italia e Cina tornano a incrociarsi di nuovo. Ancora una volta è l’economia ad avvicinare l’area un tempo approdo naturale della Via della Seta. Stavolta però a essere protagonista non è Venezia ma bensì Ravenna, antica capitale bizantina. Pechino, infatti, ha messo gli occhi sulla città portuale emiliana e ha cominciato a investire per ritagliare al centro il ruolo di principale piattaforma logistica del Mediterraneo per traffici e capitali cinesi.

LA CHINA MERCHANTS GROUP INTENDE FARE DELLA CAPITALE BIZANTINA L’HUB DELL’INGEGNERIA NAVALE E DELL’OIL&GAS PER IL VECCHIO CONTINENTE

Dallo scorso giugno si è insediata in città “in quella che era la sede dell’impero Ferruzzi”, la divisione europea del colosso cinese della cantieristica China Merchants Group, “che intende fare della capitale bizantina l’hub dell’ingegneria navale e dell’oil&gas per il vecchio continente, attraverso la controllata Cmit-China merchant industry technology Europe”, scrive il Sole 24 Ore ricordando che il gruppo, controllato dal governo cinese, è il più grande sviluppatore portuale al mondo e controlla 36 porti in 18 Paesi tra cui Hong Kong, Taiwan, Shenzhen e Shanghai. “Già una cinquantina gli ingegneri e i tecnici assunti, ‘ma arriveremo a cento entro fine anno e la previsione è di crescere ancora, ma non aggiungo altro perché i cinesi sono abituati prima a fare e poi a raccontare, non viceversa’, ha spiega Stefano Schiavo, ad di Cmit con una lunga esperienza nell’oil&gas, interfaccia italiana della holding di Hong Kong, che su Ravenna ha già investito una decina di milioni per la fase di start-up”, evidenzia ancora il quotidiano di Confindustria.

A RAVENNA TRIONFA IL GIOCO DI SQUADRA

La vera origine del successo ravennate è nel gioco di squadra. Cmit, Comune e Autorità portuale di Ravenna, Sapir (principale terminal operator locale), Regione Emilia-Romagna e Università: tutti insieme stanno remando dalla stessa parte per aumentare la quota di investimenti nella città che già può contare su 235 milioni di euro per aumentare il pescaggio dei fondali (da 11,5 metri a 12,5 nei prossimi 4 anni per poi scendere ancora fino 14,5 metri di profondità nel successivo triennio, scrive il Sole 24 Ore). Ravenna sta diventando una sorta di test per gli investimenti cinesi che probabilmente riguarderanno anche Trieste e Venezia, nell’ottica di un polo portuale diffuso per le merci asiatiche. Considerando anche che Ravenna “è uno dei 14 ‘core-port’ strategici europei e terminale meridionale dei due corridoi Baltico-Adriatico e Mediterraneo delle reti Ten-T, con 14 km di banchine, 22 terminal privati, oltre 600mila mq di magazzini e 27 milioni di tonnellate di merci movimentate ogni anno, per il 66% rinfuse solide (segmento in cui è leader)”, scrive il quotidiano confindustriale. Senza dimenticare che Ravenna affonda il suo know-how “sul coinvolgimento di player come Eni, Rosetti Marino, Micoperi il primo corso in Italia, nato nel campus romagnolo dell’Università di Bologna, di laurea magistrale internazionale, solo in inglese, in Offshore engineering”.

PRONTI 200 ETTARI DI NUOVE AREE PORTUALI

In questo gioco di squadra a catturare l’attenzione dei cinesi è “la realizzazione di 200 ettari di nuove aree portuali da destinare a insediamenti logistici e industriali, collegate direttamente con i binari a due stazioni ferroviarie – sottolinea Daniele Rossi, presidente dell’Autorità portuale di Ravenna al Sole 24Ore -. Rossi che conta di pubblicare entro marzo il bando di gara per il mega-progetto dell’hub portuale e di aprire i cantieri prima della fine dell’anno.

ALTO ADRIATICO APPRODO IDEALE PER LA NUOVA VIA DELLA SETA

L’Alto Adriatico, per la sua posizione ideale, è storicamente candidato a essere il polo d’arrivo marittimo della nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative (Bri). Da qui, scrive Lorenzo Bernardi su Start Magazine, “le merci provenienti dal Canale di Suez possono poi prendere la via del Brennero, dirette verso il mercato tedesco e mitteleuropeo. Oltre a Ravenna i cinesi, come detto, hanno messo sotto osservazione anche Trieste e Venezia. Nel primo caso lo scorso 6 novembre è stata resa nota ufficialmente una trattativa per la cessione di quote di controllo della piattaforma logistica in cui si movimentano cargo e merci. Gli attori coinvolti sono il gruppo Parisi e I.Co.P, che controllano la Docks San Servolo, società che gestisce la piattaforma, mentre il possibile acquirente interessato all’affare è la stessa Cmg. La piattaforma, il cui completamento è atteso a metà 2019, è stata realizzata per accogliere due navi portacontainer in contemporanea e verrà anch’essa collegata a uno scalo ferroviario. È quasi certo che, se l’affare andrà in porto, i cinesi giocheranno un ruolo decisivo nello sviluppo dell’infrastruttura. Secondo Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico orientale, ‘degli 1,2 miliardi di finanziamento richiesto i cinesi (ma anche altri potenziali investitori, dal Kazakistan alla Turchia alla Malesia) potrebbero coprire metà dei costi’”.

GLI OSTACOLI ALLE INIZIATIVE CINESI

Ma potrebbe esserci un ostacolo serio a questa “offensiva” cinese, prosegue Bernardi su Start Magazine: se l’Italia dovesse diventare, come ha anticipato qualche settimana fa Asia Times, il primo paese del G7 a firmare un protocollo d’intesa sul progetto cinese della Belt and Road potrebbe rischiare di fare la fine della Grecia: il giornale di Hong-Kong ha evidenziato infatti come l’afflusso di molti capitali dal Dragone (che ha comprato il porto del Pireo), abbia reso Atene fortemente dipendente dalla Cina stessa. Infine esiste un problema di natura strategica e politica. Il controllo cinese di quote di porti europei potrebbe consentire a Pechino di raccogliere informazioni sulle navi della Nato, così come sui sistemi da esse utilizzati.

 

Articolo pubblicato su EnergiaOltre

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