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Pregi e difetti del Premierato secondo giuristi e costituzionalisti

Alla Camera iniziate le audizioni del ddl Premierato. Tra gli esperti: Giovanni Guzzetta, Francesco Clementi, Massimo Luciani e Gianfranco Pasquino

E’ partito questa settimana l’iter sul ddl Premierato alla Camera, dopo l’ok di Palazzo Madama, arrivato poco meno di un mese fa. Prima di entrare nel cuore della discussione, spazio alle audizioni – circa una sessantina. In commissione Affari costituzionali, presieduta da Nazario Pagano di Forza Italia, si sono già alternati i primi costituzionalisti, giuristi, esperti e professori di diritto, politologi.

GUZZETTA: “IL COLLE AVRA’ IL POTERE DI SCIOGLIMENTO PIENO DEL PARLAMENTO”

Tra i primi a essere audito Giovanni Guzzetta, professore di diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata, secondo cui l’eliminazione della controfirma del governo dal decreto di scioglimento della Camere, inserita dal ddl del governo sul Premierato attribuisce un accrescimento del potere del Presidente della Repubblica di scioglimento del Parlamento, anche oltre i casi indicati dallo stesso ddl.

“La disciplina della crisi – ha detto Guzzetta parlando della cosiddetta antiribaltone – mi pare discutibile da parte del merito politico ma che funziona. Ci sono quattro ipotesi lo scioglimento automatico, lo scioglimento su richiesta del premier eletto, la sostituzione del premier, lo scioglimento e che discende dalla scelta di togliere la controfirma dal potere di scioglimento del Presidente della Repubblica”, inserita in un altro articolo rispetto a quello contenente la cosiddetta norma antiribaltone, cioè l’articolo 7.

“Il Presidente nel nuovo sistema avrebbe un potere di scioglimento del tutto personale – e si fanno fuori 70 anni di dibattito sul potere di scioglimento – che non è vincolato agli scioglimenti dovuti” (previsto dalla norma antiribaltone dell’articolo 7; “cioè non ci sarebbero solo gli scioglimenti dovuti”. “Qui si riapre tutto il dibattito – ha insistito Guzzetta – che fu fatto all’inizio sui poteri di scioglimento del Presidente pur in presenza di una maggioranza. Con la riforma è un potere di scioglimento che il Presidente acquista in modo netto, che nessuno di noi può dire che profilo assumerà nell’evoluzione delle consuetudini costituzionali. Togliere la controfirma dal potere di scioglimento non è un fatto irrilevante, con questo atto il Presidente ha un potere di scioglimento pieno”.

PREMIERATO, CLEMENTI: “SU VOTO ITALIANI ALL’ESTERO PALESE INCOSTITUZIONALITÀ”

Per Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all’Università di Roma La Sapienza, “c’è un tema serissimo che riguarda il voto degli italiani all’estero. Noi rischiamo una forte diseguaglianza” tra chi è residente in Italia e chi all’estero. “Gli italiani all’estero pesano per l’elezione diretta del premier molto più che rispetto all’elezione di deputati e senatori. Oggi esiste solo un diritto di tribuna e quindi pesano cinque volte meno rispetto al loro numero.

Domani – ha aggiunto – con l’elezione diretta del premier conterebbero per tutti i cinque milioni di voto che sono (almeno sulla carta degli aventi diritto) e potrebbero quindi risultare decisivi determinando un grave contrasto tra l’esito elettorale in seggi e quello in voti. Questa è la questione che io credo debba imporre a questa commissione di riaprire il testo. Perché se il testo andasse avanti così com’è su questo punto è una chiara e palese incostituzionalità”. “Questa è una questione tecnica di diseguaglianza manifesta e impone di rendere questo testo disponibile alle modifiche della commissione”, ha concluso il ragionamento Clementi.

PREMIERATO, CLEMENTI: “BALLOTTAGGIO VA INSERITO IN COSTITUZIONE”

Secondo il prof. della Sapienza “se si vuole l’elezione diretta c’è solo una soluzione possibile: inserire il ballottaggio in Costituzione. Inserendolo si confermerebbe con il secondo voto l’esito elettorale del primo”.

“Peraltro – ha proseguito – il mancato raggiungimento al primo turno della soglia minima (che sia maggioranza assoluta o almeno relativa non inferiore al 40% secondo i parametri della Corte Costituzionale), porterebbe – in assenza di ballottaggio – o ad attribuire un premio eccessivo e quindi , a maggior ragione, incostituzionale, o a non attribuire il premio a nessuno, finendo però nella situazione di tipo israeliana che contraddice tra l’altro il testo presentato dal Governo dove c’è la famosa parola ‘garantisce’”, ha spiegato Clementi.

CLEMENTI: “L. ELETTORALE È ESSENZIALE IN MODELLO A ELEZIONE DIRETTA”

Altro tema toccato da Clementi è stata la legge elettorale: “Questo testo ha un grave vulnus. Non c’è nulla – davvero fino in fondo – che spieghi il modello a elezione diretta in assenza di una legge elettorale”.

“Quando si discute di elezione diretta – ha spiegato – la legge elettorale non è semplicemente un complemento ma è quasi l’essenziale. Di questo essenziale il testo ne ha molto poco, cioè ha la parte relativa ai principi. Importante naturalmente, ma non basta a giustificare una meccanica costituzionale che dal lato del cittadino è decisiva”, ha affermato il professore. “Non si può fare un dibattito sul modello a elezione diretta se non si discute innanzitutto della legge elettorale che lo ‘stampella’ e lo correda, e quindi ne costituisce l’ossatura principale”, ha concluso Clementi.

PREMIERATO, LUCIANI: “CONTIENE ERRORE TEORICO E FALLE”

Il testo governativo sul Premierato contiene “un errore teorico” sul piano sistematico, falle “a livello di tecnica redazionale” e “problemi di legittimità costituzionale”. A sostenerlo poi, nel corso dellE audizioni in commissione Affari costituzionali di Montecitorio, è Massimo Luciani, professore di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza”.

“Se si costituzionalizza il premio di maggioranza decisivo, si impongono maggioranze che proprio perché imposte saranno fatalmente eterogeneo ed è evidente che coalizioni eterogeneo si trasformeranno in maggioranze parlamentari non omogeneo”; anche perché il cambio di casacca non viene impedito. Anche la cosiddetta “clausola antiribaltone”, per come è scritta, “non può affatto essere in grado di garantire la stabilità. Una competizione interna per la leadership – ha osservato Luciani – è in qualche modo fisiologica ma quando è preventiva, non quando è successiva al voto. Qui invece la competizione è anche successiva”.

Infatti il ddl prevede la possibilità che subentri al premier eletto direttamente un’altra personalità per una sola volta, provocando “inevitabili tensioni nella maggioranza, già favorite dalle maggioranze disomogenee per il premio forzato. La possibilità di un ribaltone della maggioranza renderà fatalmente instabili gli esecutivi”. Ed “è ingenuo” pensare che il potere di richiedere lo scioglimento delle Camere costituisca un elemento di stabilità “il dimissionario potrebbe essere costretto dalla propria maggioranza a non chiedere lo scioglimento”.

PASQUINO: “SOLUZIONE MIGLIORE È DOPPIO TURNO CON BALLOTTAGGIO”

Per Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, “il Premierato necessita ovviamente di una legge elettorale apposita ed è sbagliato a mio parere pensare che debba eleggere al tempo stesso il capo del Governo e dare un premio in seggi a chi vince. La soluzione migliore è sicuramente quella del doppio turno con ballottaggio fra i due candidati meglio piazzati perché garantisce che chi vince al secondo turno ha ottenuto la maggioranza assoluta dei votanti”.
Inoltre, ha aggiunto, “l’abolizione dei senatori a vita mi pare qualcosa di estraneo al disegno di legge ma utile. La rappresentanza politica deve essere elettiva e quindi è giusto abolire, ormai a distanza di molti anni, i senatori a vita”.

PREMIERATO, PASQUINO: “SE IL GOVERNO MELONI DURA 5 ANNI DIMOSTRERÀ CHE NON SERVE”

Pasquino ha poi concluso ravvisando una “sorta di paradosso. Se il governo Meloni dura tutti i cinque anni – come è probabile dal punto di vista analitico – dimostrerà che non c’è nessun bisogno di una riforma costituzionale, che un governo guidato da un capo capace con una coalizione che sa che deve stare insieme può in realtà diventare governo di legislatura e che quindi questo non dipende da meccanismi costituzionali ma da capacità e volontà politica. Giorgia Meloni stessa finirebbe per dimostrare che non c’è bisogno di questo disegno di legge”. Secondo il professore “non c’è bisogno di questo disegno di legge e si possono introdurre poche e semplici variazioni”.

(Per guardare e acsoltare le audizioni clicca qui)

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