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I rimpianti sul Cav. di Elly Schlein
Che cosa ha detto a Gubbio la segretaria del Pd Elly Schlein. I Graffi di Damato
Non per improvvisazione -come si potrebbe sospettare per il ritardo col quale si è presentata ai deputati del Pd, scusandosi di avere voluto prima godersi un bel film al cinema sul disagio mentale, di cui sotto sotto soffre anche il suo partito- ma per un preciso calcolo politico Elly Schlein ha voluto usare il suo intervento a Gubbio per alzare ulteriormente il tono della polemica contro Giorgia Meloni. Che ha accusato di essere peggiore dello scomparso Silvio Berlusconi. O ha riconosciuto alla buonanima, in qualche modo rimpiangendolo dall’opposizione, di essersi rivelato migliore della premier arrivata al suo posto quando lui era ancora in vita. E non a caso, forse, aveva cercato di contenere.
Il vignettista del Foglio ha subito giocato con la nota vanità di Berlusconi facendolo inorgoglire fra le nuvole dell’al di là con una domanda che probabilmente il Cavaliere si sarà davvero posta tante volte in vita, anche ad una età e in condizioni di salute poco adatte: “Ma che farò io a ste donne?”. Pure la Schlein ha finito per cedere a una certa nostalgia, riconoscendogli di avere trattato con i suoi pur famosi editti dall’Italia e dall’estero chi in televisione si occupava di lui e del suo giro meglio o meno peggio di quanto stiano facendo adesso la leeader della destra a Palazzo Chigi e i sottoposti dalle casematte loro assegnate.
Saremmo ormai alla “capocrazia della premier” diagnosticata e raccontata così oggi da Massimo Giannini nell’editoriale di Repubblica: “Giorgia Meloni prosegue la sua marcia trionfale verso quei “pieni poteri” che l’avventato Uomo del Papoete invocò inutilmente cinque estati fa, e che ora l’astuta Donna della Garbatella potrebbe ottenere con tanto di investitura costituzionale. Con una coalizione piegata alla sua volontà, e un’opposizione fiaccata dalle sue vacuità, la Presidente ha una strategia ormai chiara: vincere le regionali e le europee, e poi sull’onda del successo giocarsi tutte le carte sulla “madre di tutte le riforme”: il premierato, che sancirebbe finalmente il passaggio dalla democrazia alla capocrazia”, appunto. Figuriamoci se su questa strada la Meloni e i suoi possono permettersi distrazioni nella vigilanza, diciamo così, esterna e mediatica.
Vista forse l’imprudenza -deve avere pensato la segretaria del Pd- di avere accettato il duello televisivo propostole dalla Meloni, cui gli addetti stanno lavorando dietro le quinte, è meglio alzare i toni della polemica per non apparire o arrivare davvero debole all’appuntamento. Su cui peraltro Giuseppe Conte sparge veleno rappresentando la segretaria del Pd come l’avversaria preferita dalla Meloni a lui, che sarebbe più capace di metterla in difficoltà e di diventare davvero, alla fine anche nei sondaggi oggi ancora avari, il vero capo delle opposizioni e il federatore di quella che dovrebbe diventare alle prossime elezioni l’alternativa alla coalizione ormai di destra-centro.