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I sommessi tormenti nel centrodestra

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La Meloni, beata lei, si compiace del lavoro facilitatole dagli alleati. I Graffi di Damato

 

“Gli alleati mi hanno reso il lavoro molto facile”, ha detto Giorgia Meloni concludendo la festa del decimo compleanno del suo partito. “Una dolce carezza”, ha definito quella della presidente del Consiglio a Silvio Berlusconi e a Matteo Salvini il Quotidiano del Sud. “Porca miseria”, è invece sbottato il manifesto con un titolo sovrapposto ad una immagine di danneggiati, secondo il quotidiano ancora dichiaratamente e orgogliosamente comunista, dalla legge di bilancio, o manovra finanziaria, che la Meloni si è vantata di avere varato, grazie all’aiuto degli alleati, in soli “dieci giorni” di lavoro preparatorio nei dicasteri interessati e in “un’ora” di Consiglio dei Ministri.

In verità, a quei dieci giorni e a quell’ora vantati – ripeto – dalla presidente del Consiglio davanti al suo “popolo” festante nell’omonima piazza romana ne andrebbero aggiunti altri, perché il percorso parlamentare della legge di bilancio non è ancora finito. Ed è stato denso non tanto di scontro o confronto con le opposizioni quanto di scontro o confronto fra esponenti e componenti del governo e della maggioranza per la definizione delle modifiche necessarie ai vari alleati per piantare le loro bandierine e sventolarle nei comizi. Così hanno fatto ieri, per esempio, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini parlando anch’essi, collegati da lontano, al raduno romano dei loro alleati: Berlusconi, peraltro, dopo essersi già rivolto al “popolo” di centrodestra di Milano a favore della candidatura di Attilio Fontana per la conferma a presidente della regione Lombardia, e Salvini prima di proseguire il suo programma di comizi e di incontri con i leghisti del nord.

Berlusconi, per quanto abbia cercato di contenersi ed abbia evitato di ripetere nel suo collegamento con Roma la delusione espressa a Milano per l’inadeguatezza del “ruolo” riconosciutogli nella formazione del governo dopo avere rischiato addirittura di “morire” in campagna elettorale per una brutta caduta; Berlusconi, dicevo, ha finito ad un certo punto per spazientire il pubblico della Capitale procurandosi interruzioni e fischi impietosamente registrati in prima pagina dal Corriere della Sera. Che hanno imbarazzato a tal punto la presidente del Consiglio da indurla poi a lamentarsi pubblicamente, sia pure in tono ironico, della “indisciplina” dei suoi fans, come ha sottolineato in un titolo la Repubblica.

Berlusconi avrà probabilmente gradito. Sennò, conoscendolo, non si lascerà scappare la prima occasione a portata di lingua per manifestare la sua perdurante delusione e ispirare, magari, un’altra “cattiveria” sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, dopo quella di oggi. Che dice, testualmente, sfruttando la recente gaffe dell’ex presidente del Consiglio su quella vagonata di “troie” promesse ai giocatori del Monza in caso di vittoria sulla Juventus o sul Milan, più ancora su entrambe: “Berlusconi: “Ho rischiato di morire in campagna elettorale, meritavo un ruolo in questo governo”. L’autista di pullman era già preso”.

Scherzi a parte, o continuando, come preferite, Giorgia Meloni è stata tanto generosa con gli alleati che le avrebbero facilitato il lavoro nei suoi primi 56 giorni di governo quanto ingenerosa con le opposizioni. Che, anziché essere attaccate per gli attacchi rivoltele sulla manovra e per le proteste di piazza programmate o già svolte, come quella di ieri del Pd, sempre a Roma, bollata peraltro dal Fatto come un “superflop”, avrebbero forse meritato un ringraziamento per il loro stato sostanzialmente comatoso. A causa del quale rischia di avverarsi l’augurio fatto da Salvini a Meloni di durare a Palazzo Chigi non solo per tutta questa legislatura ma anche per la prossima. Dieci anni sono il doppio di cinque, avrebbe detto il compianto Riccardo Pazzaglia alla bellissima notte televisiva che fu di Renzo Arbore.

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