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Il Capodanno (dolce)amaro di Matteo Salvini

Salvini Meloni

Ecco come Repubblica e gli altri quotidiani immaginano la fine dell’anno per il ministro Matteo Salvini. I graffi di Francesco Damato

Non solo la famiglia Verdini – padre e figlio, Denis e Tommaso, entrambi agli arresti domiciliari, sia pure per diverse ragioni – la figlia Francesca e il fidanzato ministro Salvini ancora liberi, pur essendo il secondo sotto processo in Sicilia per sequestro di migranti in mare, ma anche la Lega nel suo complesso è finita nel menù del cenone di Capodanno. Almeno in quello immaginato a casa di Giorgia Meloni dai giallisti di Repubblica. Che hanno attribuito alla premier “l’opa” sul secondo partito della coalizione di governo, imprudentemente impegnato da tempo a infastidire la premier per riprendersi, se non tutti – che è un’impresa troppo difficile -, almeno una parte dei voti perduti a favore dei “Fratelli d’Italia” dopo l’ubriacatura delle elezioni europee del 2019.

Le foto, pur felici, dei due maggiori alleati e concorrenti dei centrodestra, o destra-centro, sono ormai d’archivio a Repubblica, dove i magistrati sono riusciti a sollevare il morale, dopo un anno e più di rospi ingoiati vedendo crescere, anziché diminuire, il consenso di quell’emula di Benito Mussolini offerta all’immaginazione, o agli incubi, dei suoi lettori nel centenario – ricordate? – della marcia su Roma, stoicamente sopportata da Sergio Mattarella. E supportata all’estero, nelle cancellerie europee e, più in generale, atlantiche da un predecessore d’eccezione della Meloni, come Mario Draghi.

Ora, a dispetto di quella specie di sassolini che ne tormentano l’orecchio non so se di destra o di sinistra, la Meloni è immaginata felice dai suoi avversari di fronte a quei “500 milioni di appalti nel mirino di Verdini & Co.” annunciati dal Fatto Quotidiano. Di cui Salvini, come ministro delle Infrastrutture e competente dell’Anas, è già stato chiamato dalle opposizioni a riferire in aula alla Camera appena liberatasi del bilancio dello Stato. E dovrà comunque preoccuparsi piu ancora dei fratelli d’Italia.

E’ vero che il manager ex amministratore delegato dell’Anas Massimo Simonini, in rapporto con “la presunta cricca corruttiva dei Verdini”, come racconta il debenedettiano Domani, fu nominato a suo tempo da Draghi. ma Salvini -lo hanno accusato gli inquirenti di carta stampata- lo ha lasciato al suo posto nonostante la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati sia di un anno e mezzo fa”. E, in più, ha osato liquidare garantisticamente il problema dicendo a suo tempo: “Stiamo parlando di un indagato, non di un condannato”. Non ha capito proprio niente questo ingenuo Salvini, che ora Meloni sembra tentata di divorare in un boccone precedendo la sinistra.

Piero Sansonetti già ieri sulla sua Unità, sentendo puzza di bruciato giustizialista, si era avventurato ad ammonire amici e compagni a non cadere nella trappola di Tangentopoli di una trentina d’anni fa. Ma Pier Luigi Bersani, come un gambero, lo ha subito deluso gridando alla Stampa e alla consorella di Genova che “la destra crea l’habitat ideale per la corruzione”, come il pentapartito di Craxi e Andreotti a suo tempo.

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