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Il caso a 5 stelle di Giulia Sarti

I graffi di Damato sulla vicenda della deputata grillina Giulia Sarti vista dalla stampa italiana

Non so francamente chi esca peggio -fra i giornali, il Movimento delle cinque stelle e i protagonisti, o attori- dalla vicenda Sarti. Che è il cognome di Giulia, la dimissionaria -si spera- presidente grillina della commissione Giustizia della Camera autosospesasi dal partito, in attesa dell’espulsione, per essere stata praticamente smascherata da un procuratore della Repubblica di Rimini dopo avere falsamente denunciato il suo ex compagno di non versato nella scorsa legislatura più di ventimila euro da lei destinati, secondo gli obblighi contrattuali col partito, ad un fondo di credito per le piccole aziende in difficoltà.

VICENDA SARTI, “UNA PICCOLA STORIA IGNOBILE”

Scoperta nella sua insolvenza già l’anno scorso, nelle ultime battute della passata legislatura, dalle iene televisive di Mediaset, e a rischio quindi di sanzioni disciplinari ma soprattutto di mancata ricandidatura alle elezioni del 4 marzo 2018, la signora riferì al suo fidanzato, o già ex allora, Bogdan Tibusche con chat fortunatamente trattenute dall’interessato di doverlo denunciare di ammanco, o qualcosa del genere, nella gestione del suo conto bancario su suggerimento dei responsabili della comunicazione del Movimento –Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi– per salvarsi dalla fine della carriera politica.

Il pubblico ministero di Rimini, dove la deputata risiede, ha impiegato -mi permetto di osservare- un anno per venire a capo della vicenda ma alla fine ha ristabilito la verità. Il giovane Tibusche, di origini rumene, si è salvato dal ruolo infame di vittima designata. E la signora Sarti, per quanto onorevole di nome o consuetudine perché deputata, ricandidata e rieletta l’anno scorso, e infine promossa al vertice di una commissione importante come quella della Giustizia, con la maiuscola, è precipitata nei guai. Dal fondo dei quali ha tuttavia cercato di smentire ciò che pure aveva comunicato al povero Tibusche, cioè di averlo dovuto denunciare su suggerimento di Casalino, nel frattempo diventato portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Ma a Casalino, presumibilmente pago di una simile smentita, che in effetti confermava la sua dichiarata estraneità alla decisione della Sarti di denunciare l’incolpevole collaboratore ed ex compagno, quest’ultimo ha reagito documentando a sua volta di avergli girato l’anno scorso le comunicazioni della deputata. E quindi cercando in qualche modo di ricoinvolgerlo in quella che Emanuele Macaluso ha appena definito sul suo blog “una piccola storia ignobile”.

MA IL GOVERNO GIALLOVERDE VA AVANTI

Questi sono all’incirca i fatti, ricostruiti dalle informazioni giornalistiche magari parziali o inesatte, per carità, ma stampate su carta o diffuse elettronicamente. Sono fatti “piccoli” pur nell’aspetto “ignobile” avvertito e lamentato da Macaluso, ma ben significativi forse -o senza forse- della natura e/o del clima in cui si vive in un movimento che è diventato l’anno scorso il primo partito italiano e guida il governo in alleanza col “capitano” leghista Matteo Salvini: entrambi ben decisi a governare sino alla conclusione ordinaria della legislatura. E ciò, nonostante le ormai ricorrenti batoste elettorali dei grillini a livello regionale, le difficoltà che cominciano ad incontrare nelle urne anche i leghisti dopo un’ascesa che sembrava irresistibile, l’aggravamento della situazione economica e la pioggia di bocciature e di moniti proveniente dagli organismi europei e mondiali: tutti liquidati sbrigativamente a Palazzo Chigi e dintorni come inattendibili. E magari commissionati per vendetta, come i voti sardi, secondo talune dichiarazioni rilasciate dal vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio, dalle banche e dalle assicurazioni appena sottoposte ad una spremuta fiscale dal governo gialloverde.

LA TRASPOSIZIONE GIORNALISTICA

Ebbene, la vicenda Sarti, chiamiamola così, è approdata oggi, giovedì 28 febbraio 2018, con richiami e richiamini di articoli destinati all’interno sulle prime pagine di 7 dei 18 giornali che ho potuto consultare con la rassegna stampa del Senato della Repubblica, più completa e cronologicamente tempestiva di quella della Camera. Ieri le prime pagine, sempre a suon di richiami, erano state ancora di meno: 4 su 18. Più grandi o diffusi sono i giornali, più grande o assordante è stato il silenzio delle loro vetrine.

Detto questo, debbo però riconoscere al giornale generalmente meglio disposto verso i grillini, che è naturalmente Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio, di essere stato il più corrosivo nel trattamento della vicenda. Non vi ha aperto, come si dice in gergo tecnico quando si parla dell’argomento principale proposto ai lettori con la titolazione più vistosa, ma il pur un pò ermetico richiamo -parzialmente in rosso- del caso Sarti a metà della prima pagina è sormontato da una vignetta di Vauro Senesi che non fa certo sconti al movimento delle cinque stelle e al suo capo. “Ora basta!”, grida nel titolo lo stesso Vauro spiegando: “In questa vignetta ci sarebbe dovuto essere Luigi Di Maio…..ma non me la sento di infierire”. E ci mette alla fine “una prece!”. E’ stata così servita anche la cosiddetta grande stampa d’informazione.

 

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