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Il ritorno di Draghi: “Europa a sovranità condivisa”

Draghi

Iscrivere, sia pure figurativamente, Draghi ai fratelli e sorelle d’Italia e definirne la sortita “un assist” al governo Meloni lo trovo ingiustamente riduttivo. I Graffi di Damato

Nel lasciare la direzione del Giornale dopo più di due anni restituendone il timone ad Alessandro Sallusti “con quel monumento che è Vittorio Feltri” -ha voluto annunciare accomiatandosene- il mio amico Augusto Minzolini ha iscritto d’ufficio Mario Draghi al partito di Giorgia Meloni definendolo su tutta la prima pagina “fratello d’Italia”. Ciò vedendo, come ha fatto anche con minore rilievo, sempre  in prima pagina, La Verità di Maurizio Belpietro, “un assist” al governo di centrodestra, o di destra-centro l’appello di Draghi all’Unione Europea, lanciato attraverso il britannico Economist, a non tornare al vecchio patto di stabilità, e relativi vincoli, sospeso a suo tempo per l’emergenza creata o costituita dalla pandemia del Covid.

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         L’Europa -ha avvertito Draghi con l’esperienza e il prestigio accumulati alla guida della Banca centrale europea prima che diventasse presidente del Consiglio precedendo e un po’ anche accompagnando l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi- ha bisogno di “sovranità più condivisa”, ma anche di più condivisa e larga solidarietà. Resta invece “forte -ha osservato a livello comunitario l’ex premier- l’opposizione dell’opinione pubblica alla possibilità che i Paesi più forti sostengano i più deboli” con nuove regole, parametri e quant’altro.  Più intelligenti, direbbe forse Romano Prodi, che da presidente della Commissione Europea a Bruxelles definì già a suo tempo “stupidi” certi vincoli che pure egli doveva fare rispettare.

         Iscrivere, sia pure figurativamente, Draghi ai fratelli e sorelle d’Italia e definirne la sortita “un assist” al governo Meloni -che certamente di aiuti avrebbe bisogno, per carità, sia per la complessità dei problemi sul tappeto sia per le fibrillazioni all’interno della maggioranza anche nella prospettiva delle elezioni europee dell’anno prossimo- lo trovo ingiustamente riduttivo. Direi anzi, pericolosamente riduttivo, essendo ormai l’ex presidente della Banca centrale di Francoforte e del Consiglio, per non parlare dei suoi incarichi precedenti, una risorsa dell’Italia e, più in generale, dell’Europa. E pazienza se non sarà d’accordo il solito Marco Travaglio del Fatto Quotidiano, che lo ha scambiato per un incompetente, o quasi, fatta eccezione per gli affari bancari, e soprattutto per un usurpatore avendo a suo tempo sostituito a Palazzo Chigi quella specie di Camillo Benso di Cavour reincarnato in Giuseppe Conte: l’avvocato di ritorno “del popolo” che contende alla segretaria del Pd Elly Schlein, fra un incontro e l’altro nelle piazze e feste d’Italia, la guida dell’opposizione e della sinistra.

         Una risorsa come quella di Draghi va tutelata non immergendola, usandola, anzi immiserendola nel solito, piccolo cabotaggio, più o meno familiare, della politica interna.

– Leggi qui tutti i Graffi di Damato 

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