Il bisogno di comunità e identità, il vuoto progettuale, la fine di un’era per la destra meridionale che non sa rinnovarsi: Marcello Veneziani commenta amaro il declino politico e culturale del Sud, senza risparmiare stoccate alla compagine politica che più lo ascolta.
Inizia con un viaggio a ritroso l’intervista a Marcello Veneziani apparsa oggi sull’edizione pugliese del Corriere del Mezzogiorno. E si conclude con una sommessa strigliata alla destra, incapace di alimentare la propria tradizione e rilanciarsi nel panorama politico locale, a cominciare dalla Puglia.
VENEZIANI: “IL SUD C’ERA UNA VOLTA”
Intervistato da Michele Cozzi, lo scrittore e intellettuale di Bisceglie, tenuto in gran considerazione a destra, volge lo sguardo a un Meridione che sembra ormai smarrito. Non tanto per esercizio nostalgico, ma per una diagnosi di un’Italia periferica – e non più solo geografica – che sembra aver perso identità e unitarietà di visione.
«Non propongo di tornare all’antico – puntualizza Veneziani – dico solo che dobbiamo ricordarci che era un mondo che aveva con tutte le sue contraddizioni, i suoi valori».
Un Sud in bianco e nero, forse idealizzato, delle sezioni politiche, dei circoli, delle processioni partecipate, oggi sostituito da una “folla solitaria”, come la definiva David Riesman, fatta di movida notturna, contro la comunità diurna di un tempo.
“DOPO TATARELLA IL VUOTO”
Ma se il Sud culturale ha perso coesione, quello politico sembra sprofondato nel caos. Veneziani non risparmia critiche alla destra meridionale, orfana di figure forti dopo la scomparsa di Tatarella, ma anche ostaggio di una classe politica di scarso livello: «Il meglio che ha prodotto va da Fitto a Mantovano. Non ci sono significative novità che possono dare una sterzata e non si vedono nemmeno nuovi acquisiti, provenienti dalla società civile», commenta sconsolato.
Uno scenario che si riflette nei vuoti di leadership in regioni cruciali come la Puglia, dove la sinistra governa da vent’anni. Significativo anche il passaggio sull’ex Ilva, paradigma del dilemma economico nazionale: statalismo o liberalismo? Veneziani invita alla prudenza: «Quando una società è in fase di arretramento, perde sia se punta sul pubblico sia sul privato». In altri termini: senza una visione complessiva, ogni soluzione rischia di essere solo un altro fallimento.
MELONI REGGE PERCHÉ NON HA RIVALI
E sul piano nazionale? Per ora, Giorgia Meloni regge. «Non ha rivali, né interni né esterni», riconosce Veneziani. L’ipotesi dell’«ammucchiata», come la chiamano i critici del campo largo, rischia di infrangersi contro logiche della governabilità. Servire una leadership forte, capace di parlare all’altra metà del Paese. Ma, per Veneziani, quella figura non c’è.