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Perché l’Università di Torino ce l’ha con Israele

Torino, Università Sospende Partecipazione Al Bando 2024 Di Cooperazione Con Israele

Sospesa la partecipazione dell’ateneo piemontese al bando 2024 per cooperare con lo Stato ebraico. I commenti (contrari) della premier Meloni e della ministra Bernini

L’università di Torino ha deciso che non parteciperà al bando 2024 per la cooperazione scientifica con Israele. La votazione in maggioranza è arrivata in Senato accademico.

Tutti i dettagli.

LA POLEMICA SUL BANDO 2024 TRA TORINO E ISRAELE

Il caso si è inserito subito nel contesto delle polemiche e degli schieramenti culturali e ideologici attorno al conflitto mediorientale riacceso dai massacri di Hamas dello scorso 7 ottobre. Il voto arrivato all’ateneo piemontese, allora, ha fatto seguito all’assemblea con gli studenti del collettivo Cambiare Rotta e Progetto Palestina.

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(foto: pagina Facebook di Cambiare Rotta)

Stamani, i membri di questi due gruppi avevano interrotto la seduta del Senato richiedendo un confronto e più specificamente di firmare la lettera nazionale  sullo stop al bando di collaborazione con lo Stato israeliano. Il motivo? Dimostrare opposizione e distanza rispetto alla reazione di Israele, ritenuta fuori proporzione, ai fatti di quasi sei mesi fa.

Nel dettaglio, la lettera era stata già firmata da quasi 1.700 insegnanti di tutto il territorio nazionale e inviata alla Farnesina. “Chiediamo che la cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra le università e i centri di ricerca italiani e israeliani venga sospesa con lo scopo di esercitare pressione sullo stato di Israele affinché si impegni al rispetto del diritto internazionale tutto, come è giustamente richiesto a tutti gli stati del mondo”.

Gli studiosi sottolineano che molte università nel mondo stanno agendo in questa direzione: nel febbraio del 2024, l’Università della California Davis ha disinvestito 20 milioni di dollari per la collaborazione e lo stesso hanno fatto quattro università norvegesi. “Nella Striscia di Gaza – si legge ancora nella lettera – a causa delle operazioni militari israeliane, assistiamo a un vero e proprio ‘scolasticidio’, ovvero la sistematica, totale e intenzionale distruzione del sistema educativo locale e uccisione di massa di studenti, ricercatori e docenti. Come evidenziato da numerosi report, negli ultimi quattro mesi il sistema educativo di Gaza, che comprendeva prima dell’ottobre 2023 oltre 625.000 studenti e circa 23.000 insegnanti e professori, è stato annientato. Israele ha sistematicamente distrutto tutte le università di Gaza. Oltre alla distruzione delle università, la maggior parte degli edifici scolastici di Gaza sono danneggiati”.

LA RISPOSTA DI MELONI

“Considero preoccupante che il Senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un’occupazione da parte dei collettivi. Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla Camera, durante la replica nel dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo.

IL NO AL BANDO 2024 CON ISRAELE UN FATTO GRAVE, DICE LA MAGGIORANZA

Dalla maggioranza di governo sono arrivati diversi commenti di opposizione rispetto a quanto deciso a Torino. Parlando in Senato stamani, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha detto che si tratta di “un fatto grave e increscioso. E’ una decisione che segue altri fatti preoccupanti, come la lettera di 1400 accademici contro la cooperazione universitaria con Israele, in sostanza un vero boicottaggio. E’ un comportamento figlio di un’ondata di antisemitismo, dimenticando che lo scambio è portatore di pace. Dove è finito il dialogo?”. Il capogruppo ha poi richiesto una lettera sul comportamento dell’ateneo da parte della Commissione odio, stimolando infine una posizione netta dell’esecutivo.

Silvia Fregolent (Iv), ha ricordato come il capoluogo piemontese “ha visto la deportazione di tantissimi ebrei, è città antifascista, è la città di Primo Levi, Natalia Ginsburg”. Ecco perché la decisione corrisponde a “una violenza nei confronti della storia di Torino”. Da Fdi, invece, Lucio Malan ha così commentato: “C’è stata una irruzione di un gruppo di studenti durante la seduta del Senato accademico. Non è stato un voto democratico, non si decide sotto occupazione”.

Maurizio Gasparri (Fi), ha parlato di “antisemitismo di ritorno”, mentre Simona Malpezzi (Pd) ha detto che è “una decisione, opinabile, che può piacere o non piacere, ma che è stata presa da una Università nella sua autonomia”. Stessa linea prudente e di rigetto rispetto alla richiesta di Romeo è arrivata dal M5S per voce di Alessandra Maiorino. “Non capisco perché siamo qui a commentare una decisione di un Senato accademico fatta in autonomia e democraticamente. L’ingerenza della politica nell’autonomia dell’insegnamento, ancora vigente, è pericolosa. frutto che la politica continua ad alzare i toni, compreso questo intervento fuori luogo”. Stessa posizione di Tino Magni, Alleanza Verdi-Sinistra: “Con tutta franchezza non capisco il dibattito. Vogliamo tutti lavorare per costruire la pace, ma non si puo’ chiudere gli occhi davanti a una mobilitazione del Paese di fronte a quanto sta accadendo a Gaza. Stigmatizzo semmai l’atteggiamento di chi vuole impedire ai giovani di dire la loro. Mi auguro semmai che i giovani rirprendano a fare attività politica. Non credo che il Senato accademico abbia preso decisioni sotto dettatura, quindi ha concluso la censura preventiva è sbagliata”.

IL COMMENTO DELLA MINISTRA BERNINI (FI)

Infine, per la ministra dell’Università e la ricerca Anna Maria Bernini (Forza Italia), “quella dell’Università di Torino è una decisione che non condivido seppur assunta nell’ambito dell’autonomia propria degli Atenei. È triste che una scelta simile coincida con la prima giornata nazionale delle Università che ha come titolo: ‘Porte aperte’. Ed è francamente sconcertante che si possa pensare di chiuderle. Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività”.

Intanto, l’ateneo ha già specificato che il no del Senato accademico si riferisce solo al bando Maeci e che tutti gli accordi e le collaborazioni in corso con le università israeliane rimangono attivi, nel pieno rispetto dei principi e dei valori di libertà di pensiero e di ricerca dell’Università di Torino.

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