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Lunedì Tajani vola in Cina, pronto l’addio alla Via della Seta

Italia Cina Via Della Seta Belt And Road

Tutti i dettagli sulle mosse dell’Italia verso la Cina, la nuova postura estera con Meloni

Il Ministro degli Esteri (e Vicepremier) Tajani si prepara alla visita di stato in Cina del prossimo 4 settembre. Comunicherà la volontà italiana di ritirarsi dalla Via della Seta ma cercherà di placare possibili ritorsioni cinesi non avendo Roma la volontà di peggiorare i propri rapporti con la Repubblica Popolare.

Per i cinesi il ritiro italiano dalla Belt and Road Initiative (BRI) segna un importante tappa di arresto globale per un iniziativa globale cinese che dal 2015 al 2019 pareva inarrestabile e in cui il leader cinese Xi Jinping ha investito moltissimo sul piano politico e propagandistico.

L’ITALIA PRONTA A DIRE ADDIO ALLA BRI CINESE

L’Italia è l’unico grande paese occidentale ad aver aderito alla BRI con una decisione del governo gialloverde di Giuseppe Conte nel 2019. Tajani potrà provare a presentare il ritiro italiano come politicamente motivato dall’arrivo di una nuova maggioranza, con i cinesi abbondantemente preparati a questo scenario conoscendo le attuali posizioni della Premier e del centrodestra italiano o provare a motivare il ritiro in base agli scarsi benefici economici sopravvenuti. Non sarà comunque facile nonostante i vertici di Pechino fossero preparati ad un abbandono italiano della Via della Seta hanno fatto di tutto per provare a scongiurarlo.

COME REAGIRA’ PECHINO?

La realpolitik richiede che la Repubblica Popolare, nonostante la voce grossa di alcuni politici del PCC che richiedono di punire l’Italia per motivi eminentemente interni, non rompa con Roma in una fase di rallentamento economico e di peggioramento dei rapporti con l’Europa e l’Occidente. D’altro canto difficilmente la Cina prenderà di buon grado una sconfessione palese di un progetto partorito da Xi Jinping e trasformato in una iniziativa volta a riflettere il crescente peso Cinese sugli affari globali.

LA NUOVA POSTURA DELL’ITALIA CON MELONI

Sotto Giorgia Meloni l’Italia sta adottando un “nuovo look” assumendo una postura insolitamente interventista e connotata da un crescente protagonismo regionale e globale. Seguendo la scia dell’atlantismo del governo Draghi Meloni ha confermato il forte sostegno italiano all’Ucraina, messo fine alle ambiguità “neutraliste” italiane sui rapporti con la Cina manifestando la propria volontà di uscire dagli accordi sulla Via della Seta e rilanciato collaborazioni globali con attori come Gran Bretagna e Giappone riguardo lo sviluppo del cacciabombardiere di sesta generazione Tempest mentre mostra la crescente volontà italiana di irrobustire i rapporti con le nazioni africane. Un attivismo che lavora per superare la dottrina Martini (dal nome dell’ammiraglio che la ideò) che durante la Guerra fredda vincolava il raggio di azione del Belpaese al singolo Mediterraneo.

ITALIA PIU’ AMBIZIOSA ANCHE NELLE FORZE ARMATE

Cresce il ruolo delle Forze Armate come vettore di realizzazione delle ambizioni italiane tramite l’inserimento nel governo di politici navigati come il Ministro della Difesa Crosetto, ex Democristiano vicino alla Meloni già Sottosegretario alla Difesa con Berlusconi e Presidente delle Industrie belliche e aerospaziali. Roma rilancia il rapporto privilegiato con Washington nonostante il crescente disinteresse americano per il Mediterraneo sapendo che un rapporto più forte con gli Stati Uniti aumenta il prestigio, la rispettabilità e il peso effettivo del paese mentre guarda con aperto scetticismo alla possibile creazione di un futuro esercito europeo preferendogli la costruzione di una difesa continentale comunitaria integrata sotto l’ombrello NATO.

Seppur ancora estremamente vago il cosiddetto piano Mattei (dal nome dell’ex comandante partigiano cattolico e storico presidente ENI) segnala la volontà di impegnare maggiormente Roma con il continente nero tramite una lunga serie di visite di stato e crescenti iniziative commerciali con Washington e Bruxelles che confidano nella capacità italiana di contribuire a promuovere iniziative europee in Africa senza lo stigma postcoloniale che coinvolge paesi come la Francia e soprattutto per arginare le crescenti iniziative russe e cinesi in svariate regioni sensibili africane.

LE INSIDIE ESTERE PER GIORGIA MELONI

Di fronte a questo cammino potenzialmente promettente e positivo per l’Italia si stagliano numerose insidie che vanno dall’involuzione autocratica del Sahel tramite colpi di stato militari tendenzialmente anti-occidentali alla difficoltà delle imprese italiane nei Balcani rispetto ai competitor cinesi passando per la mancanza di una strategia organica per la regione dell’Asia-Pacifico. Roma da sola non ha i mezzi per affrontare con successo sfide come quella dell’approvvigionamento energetico, della lotta antiterrorismo, della salvaguardia dei confini di fronte ai flussi migratori o riguardo fenomeni globali come la questione degli approvvigionamenti alimentari.

Un ruolo maggiormente collaborativo con Francia e Germania in Nordafrica e Sahel potrebbe giocare in favore di un rafforzamento del ruolo italiano in ascesa nella regione superando una visione ancora spesso concorrenziale tra i paesi europei. Il superamento di una concezione troppo spesso economicista degli esteri da parte dei politici italiani può inoltre contribuire a dare ulteriore spessore geopolitico ad una visione tradizionalmente troppo improntata all’economicismo.

Complessivamente il “nuovo look” italiano giova agli interessi del paese che sembra ritrovare e ricercare un ruolo di stampo globale e regionale che si confaccia al suo rango ma è anche un cammino in costante evoluzione che viene portato a compimento in una situazione decisamente complessa dove l’Italia affronta sfide interne ed esterne di carattere generazionale.

 

Pubblicato sul blog Geopolitica e Politica estera

 

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