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Anche l’Italia entra nella competizione mediterranea per i confini del mare (ZEE)

Zee

La corsa per accaparrarsi le Zone Economiche Esclusive (ZEE) è iniziata con le mosse di Cipro (accordi con Egitto, Libano e Israele). Poi sono arrivate anche Tunisia, Libia, Francia e Spagna. Adesso, dopo il rapimento dei pescatori siciliani, il problema dei confini marittimi italiani arriva (finalmente) in Parlamento

Dopo la guerra estiva per i confini marittimi tra Egitto-Cipro-Grecia e Turchia e soprattutto dopo il rapimento dei pescatori siciliani da parte dei miliziani libici guidati da Haftar – che li tiene ancora prigionieri – il problema della Zona Economica Esclusiva (ZEE) italiana si trasforma in una proposta di legge che il nostro Parlamento dovrà esaminare al più presto. Come ha scritto Fabio Caffio, ex Ufficiale della Marina militare ed esperto di diritto marittimo: “Se siamo arrivati ben ultimi tra i Paesi mediterranei l’obiettivo ora è recuperare il tempo perso in modo da rafforzare la nostra marittimità”.

I CONFINI DEL MARE ITALIANO

In questa immagine, si vede la piattaforma continentale italiana. Le aree colorate sono aperte alla ricerca di idrocarburi. Quella in rosso è la zona “C” a est del meridiano 15°10’ (Fonte Mise). I limiti della piattaforma coincidono, grosso modo, con quelli dell’ipotetica ZEE. Le delimitazioni da definire con un accordo riguardano soprattutto Croazia, Malta e Tunisia.

COME SIAMO ARRIVATI QUI

Nel 2015 l’Italia ha concordato le frontiere marittime (comprese quelle ZEE) con la Francia. L’accordo è stato contestato (in Italia) ed è ancora in attesa di una ratifica. Un allarme è squillato nel 2018 quando l’Algeria ha proclamato – senza avvertimenti – una ZEE che si sovrappone alla nostra ZPE (zona di protezione ecologica) del Tirreno e alla sottostante piattaforma continentale.

Ma è stata la crisi greco-turca che ha evidenziato l’esigenza di negoziare preventivamente la ZEE con i Paesi vicini per evitare iniziative a nostro danno come potrebbe essere quella annunciata dalla Libia con Malta e Grecia, “nonostante sia risaputo – come ha scritto Caffio – che nel quadrante a sud est di Malta la Corte internazionale di Giustizia nel 1985 ha riconosciuto l’esistenza di nostri diritti”.

IL RISCHIO DI UNA GUERRA PER IL MARE NEL MEDITERRANEO

In questa carta si possono vedere in blu le aree di sovrapposizione tra Algeria, Spagna, Italia e Francia. In verde chiaro la ZPE italiana. In verde scuro le Zone di Protezione della Pesca (ZPP) libica e maltese e la zona di protezione ecologica e della pesca croata. Come ha riportato Caffio nella sua analisi: “In tratteggio i limiti ipotetici della ZEE tunisina non ancora delimitata con noi”.

LA PROPOSTA DI LEGGE

Per contrastare le pretese di altri Paesi del Mediterraneo alla ricerca di idrocarburi nelle zone di mare vicine alle nostre coste, è dunque necessario ufficializzare le proprie, perché altrimenti si manifesta una posizione rinunciataria. Questo è il motivo della Proposta di Legge avanzata dalla deputata M5s Iolanda Di Stasio e da altri parlamentari (si veda il documento A.C. 2313) i cui punti qualificanti sono: “normativa quadro che introduce la ZEE nel nostro ordinamento; estensione della ZEE a partire dal mare territoriale, concordandone i limiti con i Paesi frontisti (visto che la distanza non consente, in nessun punto del Mediterraneo, proclamazioni di 200 miglia); possibilità che, in attesa di tali accordi, si emani un Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) che fissi provvisoriamente un confine fino ai limiti consentiti dal diritto internazionale, in genere identificabili nella mediana (in questo caso andrebbe forse previsto che il provvedimento venga preventivamente inviato per parere alle competenti Commissioni parlamentari).

UN VANTAGGIO ECONOMICO PER L’ITALIA

Come è scritto nella scheda di presentazione della proposta: “L’istituzione della ZEE garantirà al nostro Paese un conseguente vantaggio economico importante, ad esempio per una parte dell’economia blu come la pesca. Potrà inoltre costituire un importante strumento per mettere in campo iniziative più mirate alla sicurezza delle nostre coste e alla tutela dell’ambiente marino salvaguardando così una preziosa risorsa dallo sfruttamento eccessivo, in un’ottica sempre più sostenibile. È quindi un intervento legislativo necessario per regolare tra le altre la pesca, la tutela dell’ambiente, e per rispondere a chi tenta di intaccare la nostra sovranità, cercando di appropriarsi di ciò che ci appartiene”.

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